top of page
ahida_background.png

archivi

  • Immagine del redattore: Il sessantotto. La stagione dei movimenti
    Il sessantotto. La stagione dei movimenti
  • 5 apr
  • Tempo di lettura: 8 min

Aggiornamento: 21 apr

Forme di espressione e di comunicazione scritta dei militanti politici della sinistra extraparlamentare


Révolution essentielle, serigrafia in rosso e nero, mm 450x665
Révolution essentielle, serigrafia in rosso e nero, mm 450x665

In questo testo pubblicato nel libro Il sessantotto. La stagione dei movimenti (1960-1979), a cura della redazione di Materiali per una nuova sinistra, Edizioni Associate, 1988, si elencano e descrivono una serie di strumenti di propaganda e formazione politica utilizzati dai militanti della cosiddetta Nuova sinistra, prevalentemente extraparlamentare, nel corso dei decenni Sessanta e Settanta del secolo scorso.


La propaganda murale

 

Dazebao

Manifesto scritto a mano a grossi caratteri con una penna a spirito. I dazebao comparvero per la prima volta a Pechino durante la rivoluzione culturale cinese (la libertà di affiggere dazebao fu addirittura codificata dalla costituzione del 1975) e l’esempio venne ben presto imitato dai movimenti studenteschi europei. Questo mezzo, per la sua economicità e per la rapidità di esecuzione (ma anche per la sua caratteristica di riproduzione in poche copie di uno stesso testo) si rivelò particolarmente adatto per comunicazioni all’interno di un ambiente chiuso (una facoltà, un liceo, una fabbrica), consentendo di intervenire con tempestività sia su avvenimenti di stretto interesse della comunità interessata (la sospensione di un attivista del movimento, l’invito a un’assemblea, la contestazione di un provvedimento, ecc.) favorendo un’immediata mobilitazione.

 

Eliografia

Rudimentale processo fotografico che permette di stampare un numero limitato di copie (20 o 30 normalmente) particolarmente adatto per mostre fotografiche o per manifesti con qualche illustrazione.

 

Serigrafia

Processo di stampa ottenuto impressionando precedentemente una tela di seta – fissata poi su un telaio – e facendovi passare un rullo o una spatola inchiostrati. La serigrafia è particolarmente adatta a manifesti con disegni anche a colori ma solo se a campi netti (in serigrafia, infatti, si opera con inchiostri coprenti che escludono la possibilità di sfumature per sovrapposizione).

 

Manifesti murali stampati

Mezzo classico di propaganda universalmente adottato; usato tuttavia con notevole parsimonia dall’estrema sinistra (in particolare fino al 1972-73) sia per ragioni economiche, sia per i tempi di esecuzione in tipografia che non favorivano un intervento particolarmente tempestivo.

 

Scritte murali

Altra forma di propaganda molto antica e diffusa (usata in particolare dal Partico comunista italiano negli anni Cinquanta). Nel caso dell’estrema sinistra questa forma di espressione subisce una evoluzione grazie alla comparsa delle bombolette di vernice a spray. A differenza delle scritte a vernice con pennello, infatti, questo mezzo permette una rapidità molto maggiore, diminuendo il rischio di incontri sgraditi (una «volante» della Ps o un gruppo di fascisti) e moltiplicando la possibilità di fare più scritte. Si tratta di una forma di propaganda usata spessissimo dai «gruppi» anche a scopi concorrenziali (un gruppo poco numeroso ma dotato di un buon grado di militanza poteva ottenere in breve una vasta notorietà riempiendo i muri prossimi a posti di passaggio: stazioni, facoltà, uffici pubblici). Talvolta le scritte venivano eseguite con stampi di legno traforato che permettevano di eseguire simboli o sagome stilizzate. Il linguaggio delle scritte, per le ragioni di tempo accennate, andò facendosi via via più contratto e criptico perdendo così gran parte della propria efficacia propagandistica.

 

Murales

Evoluzione particolarmente raffinata delle scritte murali ereditata dall’esperienza del Cile di Unidad Popular e importate in Italia verso il 1974-75. Si tratta di grandi disegni murali con sagome stilizzate e a colori a campi netti (come per la serigrafia). In casi non infrequenti si tratta di opere di buona fattura, e anche per questo, in diverse situazioni, sono restate per diverso tempo.

 


Forme di espressione scritta non murale

 

Volantini

Il più classico degli strumenti di propaganda usato massicciamente dalla Nuova sinistra. A differenza del classico volantino stampato del Pci o dei sindacati, il volantino della Nuova sinistra è, nella stragrande maggioranza dei casi, ciclostilato (Pci e sindacati adotteranno il ciclostile solo più tardi e spesso per reggere il livello di produzione dei gruppi). Le ragioni della preferenza per il ciclostile sono identiche a quelle per i dazebao: minor costo e grande velocità di realizzazione. Inizialmente i volantini erano prodotti con matrici a battitura diretta e con ciclostile a mano, successivamente comparve il ciclostile elettrico e la matrice elettronica con la quale era possibile riprodurre anche disegni o foto (ma solo se molto contrastate). Il volantinaggio avveniva rigorosamente «a mano»: le risorse economiche limitate escludevano lanci di volantini da auto, come nel caso della pubblicità commerciale o di comizi di grandi partiti. Le forme clandestine di volantinaggio, ancora in uso presso il Pci negli anni Cinquanta (ad esempio abbandonare i volantini in un tram o in un bagno, oppure bagnare leggermente i volantini e sistemarli in un punto di passaggio di aria calda in modo che, lentamente, si sfogliassero da soli spargendosi intorno, forma ideale in un cinema o teatro) erano quasi inesistenti nella Nuova sinistra essendo riservate solo per casi particolari come volantinaggi a militari, dove esisteva un’esigenza di tutela da una possibile repressione. Peraltro il volantinaggio a mano offriva la possibilità di avviare il contatto con uno studente o un operaio della scuola o fabbrica interessata dal volantinaggio e nella quale non ci fossero propri militanti.

 

Bollettini

Il più delle volte ciclostilati (spesso a matrice elettronica, quindi con disegni, vignette, foto e titoli a caratteri tipografici realizzati con trasferibili e decalcomanie). Normalmente il mezzo di comunicazione più «impegnativo» di collettivi, Comitati unitari di base o altri organismi similari, più raramente di gruppi politici. Assolvevano anche a una funzione di autofinanziamento. Molto più tardi divennero le pubblicazioni di centri di documentazione più o meno specializzati, spedite per posta e stampate spesso in offset.

 

Libri bianchi, schede, vademecum, controguide, ecc.

Forme similari di pubblicazioni il più delle volte ciclostilate e a carattere monografico. Frequentissime le controguide di facoltà curate da singoli collettivi, le guide del Soccorso Rosso o di collettivi di giuristi, per l’autodifesa dei militanti di fronte alla polizia, le guide per i militari di leva a cura dei Proletari in divisa o dei CMCM, i libri bianchi scritti in occasione di un’occupazione di case o di una lotta di fabbrica, ecc. Meno frequenti le schede ciclostilate e raccolte in cartelline.

 

Lettere o samizdat

L’espressione russa samizdat significa «stampato in proprio». Lettere ciclostilate e anonime inviate per posta a un indirizzario prescelto. Questa forma di espressione è tipica di gruppi entristi nel Pci («Nuova Unità » prima serie, «Dialettica Interna» o, in Francia, «Unir Debàt», ecc.), per i quali  l’anonimato era rigorosamente necessario onde evitare espulsioni. Tale forma di comunicazione non compare presso altri gruppi, neppure presso gruppi armatisti.

 

Giornali di agitazione

Il modello ideale cui tutti questi giornali si ispiravano è quello dell’«Iskra» di Lenin: un giornale che sia insieme veicolo di propaganda, agitazione ed elaborazione teorica. Spesso in formato tabloid (allora poco usato), più raramente nel formato «lenzuolo»: grafica spoglia (poche foto, nessun colore a eccezione, qualche volta, per la testata, composizione in corpo 8 o 9, e una interlinea semplice, nessuno spazio bianco, nessuna cura nell’assortimento dei caratteri tipografici adoperati), linguaggio perentorio, poco incline a dubbi e problematizzazioni, spesso con titoli ricavati da slogan in voga. Non di rado, accanto al notiziario delle lotte (naturalmente in primo luogo quelle che vedono il gruppo, di cui il giornale è organo, in posizione egemone) e a brevi editoriali, comparivano ponderosi documenti o saggi teorici. Gli articoli erano normalmente non firmati o solo siglati con le iniziali. Assente il dibattito interno: il giornale era pensato solo come strumento di propaganda esterna e di orientamento dei propri militanti e simpatizzanti; rare le «lettere al direttore» o simili. La gran parte delle copie veniva venduta tramite diffusione militante, una quota modesta attraverso il reticolo delle librerie legate al movimento, rarissima la distribuzione in edicola (a parte i settimanali). In qualche caso la diffusione del giornale contribuiva all’autofinanziamento, più spesso rappresentava un passivo da colmare. Nella maggior parte dei casi il giornale di agitazione era organo di qualche piccolo partito o gruppo politico essendo ben pochi gli organismi di base in grado di poter editare un giornale stampato.

 

Riviste

A eminente scopo di dibattito teorico, spesso indipendenti, in diversi casi organo teorico di qualche gruppo, quasi mai prodotte da organismi di base. In comune con i giornali di agitazione l’austerità della grafica appena poco più curata (comunque assenti foto, colori, ecc., unica concessione per la copertina spesso colorata o con qualche illustrazione). Normalmente avevano le dimensioni di un libro, ma non era infrequente il formato «protocollo» che consentiva, in qualche caso, di utilizzare anche la prima e la quarta di copertina per gli articoli. Eccetto pochi casi tirature ridottissime. Nonostante l’ispirazione generale del ’68 (politicizzare ogni persona, fare di ogni studente od operaio un militante con un sufficiente livello di preparazione politica) le riviste restarono lo strumento di una parte esigua del movimento, favorendo in qualche modo la riproposizione della divisione sociale del lavoro nei gruppi e dunque delle stratificazioni gerarchiche negate: la loro lettura riguardò sempre più il quadro intermedio dei gruppi e gli intellettuali «battitori liberi»; la base militante rispose poco a questo tipo di offerta culturale e anche su questo scarto fu possibile costruire i molti dirigenti primitivamente contestati. Nel complesso tuttavia restarono la sede privilegiata dell’elaborazione teorica della Nuova sinistra. La gran parte della produzione culturale di quegli anni venne proposta attraverso questo strumento: il più sofisticato fra quanti potesse permettersi un movimento di piccoli gruppi escluso dai circuiti dell’industria culturale.

 

Quotidiani

Comparvero abbastanza tardi sulla scena, divenendo poi dei formidabili strumenti di affermazione egemonica da parte dei gruppi in grado di editarli. Solo con la comparsa dei quotidiani emerse netta la distinzione fra gruppi maggiori e a dimensione nazionale e gruppi minori destinati a orbitare nella sfera dell’uno o dell’altro. Peraltro i quotidiani assolsero anche a un’altra funzione eminentemente interna: proprio i gruppi maggiori (quelli che daranno vita alla «triplice») erano andati formandosi attraverso successive fusioni e assorbimenti di gruppi locali, non di rado di estrazione ideologica assai distante; tutto ciò aveva prodotto una situazione di grande difformità per linguaggio, cultura, pratica politica fra le varie situazioni locali. I quotidiani agirono da elemento omogeneizzatore riuscendo a contrastare efficacemente sia la forte eterogeneità dei singoli gruppi (che in una certa misura risultarono conformati agli orientamenti dei propri gruppi dirigenti), sia la tendenza alle frequenti scissioni (uscire da un gruppo nazionale del genere voleva dire tagliarsi fuori da un circuito articolato che solo molto difficilmente si sarebbe potuto sostituire). Molto importante è poi la funzione dei quotidiani nello sviluppo di una pratica politica come la controinformazione. Dopo alcune inchieste-tipo come «La strage di stato» la controinformazione conobbe uno sviluppo molto forte attraverso la pubblicazione di inchieste locali, su casi «minori», schede su personaggi politici o imprenditoriali, ecc. il cui canale fu quello dei quotidiani. Meno rilevante, ma non trascurabile, il ruolo culturale dei quotidiani: soprattutto «il manifesto», ma in una certa misura anche il «Quotidiano dei Lavoratori», contribuirono ad animare dibattiti di notevole interesse su scelte di politica economica come su film o libri di particolare successo. In qualche modo i quotidiani assolsero anche al ruolo di far avvicinare il grande pubblico alla Nuova sinistra, uscendo dai consueti ambienti operai e studenteschi: forme di lotta come l’autoriduzione o campagne nazionali come quelle sul Cile non sarebbero state possibili (o sarebbero state ben altra cosa) senza lo strumento dei quotidiani che permettevano di raggiungere gruppi sociali o zone geografiche sino ad allora distanti dalla Nuova sinistra.

 

Attività editoriali

Nell’area della Nuova sinistra è possibile contare in quegli anni fino a una decina di case editrici nazionali, alcune delle quali con una produzione anche superiore ai 40-50 titoli annui. Quasi tutte indipendenti, in rarissimi casi legate a qualche gruppo, furono il naturale complemento delle riviste, dei quotidiani e della rete di librerie del movimento nella formazione di quel circuito alternativo all’industria editoriale ufficiale. La loro nascita fu in larga parte determinata dall’assoluta impossibilità, per gli autori e i movimenti della Nuova sinistra, di accedere al circuito delle grandi case editrici. Il massimo sviluppo di questa rete si ebbe tra il ’74 e il ’79. Anche in questo caso è possibile rinvenire una fetta cospicua della produzione culturale dell’estrema sinistra. Dai libri inchiesta della controinformazione, alla ripubblicazione di classici del pensiero socialista e anarchico, dai saggi storici alle inchieste urbanistiche, dalla documentazione internazionale alla produzione di una letteratura alternativa ispirata dal movimento di quegli anni. La lettura dei cataloghi cronologici di queste case editrici è perciò uno strumento indispensabile per capire l’evoluzione culturale dell’intera area della Nuova sinistra.

 

Mostre

Altra forma di espressione molto ricorrente in quegli anni furono le mostre fotografiche. Le più artigianali erano ottenute incollando su grandi fogli di carta le foto ritagliate dai rotocalchi aggiungendovi scritte a mano esplicative; le più curate erano realizzate con lo stesso procedimento e poi eliografate. Usate in particolare per campagne internazionali (dal Viet-Nam al Cile), venivano spesso usate durante comizi o feste.

 

 

bottom of page