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fascismi

  • Immagine del redattore: Mikkel Bolt Rasmussen
    Mikkel Bolt Rasmussen
  • 4 giu
  • Tempo di lettura: 9 min

Aggiornamento: 5 giu

Il nuovo fascismo [2]



Pubblichiamo la seconda parte dell’intervento tenuto da Mikkel Bolt Rasmussen durante la presentazione del suo ultimo libro Fasciocapitalismo, pubblicato da Edizioni Malamente con una prefazione di Elia Rosati lo scorso autunno. La presentazione si è tenuta il 14 marzo nella facoltà di Lettere dell’università La Sapienza, come iniziativa di formazione in vista del corteo del 25 aprile di Roma est. Il contributo dell’autore sviluppa la tesi espressa nel libro anche alla luce della rielezione di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti, avvenuta a novembre 2024, e gli eventi che ne sono seguiti.



Dal fascismo al tardo fascismo


L’enorme quantità di ordini esecutivi emessi da Donald Trump all’inizio del suo secondo mandato presidenziale rappresenta un tentativo evidente di spostare la lotta di classe. È così che funziona il fascismo: di fronte alla richiesta rivoluzionaria espressa dalle proteste per l’uccisione di George Floyd (ovvero che il capitalismo razziale non può esistere senza la polizia) Trump ha risposto con una contro-richiesta altrettanto radicale: il mantenimento della supremazia bianca. Nel primo mese del suo secondo mandato, Trump ha varato un’ondata di ordini esecutivi che aprono la strada a deportazioni di massa e guerre commerciali, affidando a Elon Musk e alla sua task force DOGE l’attacco alla macchina amministrativa federale per tagliare budget e licenziare personale. Il piano è chiaramente quello di sovvertire il funzionamento ordinario dello Stato: trasformando la politica in un gioco per adulti, un’operazione terribilmente seria e una farsa. Non diversamente da quanto accaduto il 6 gennaio 2021, quando lo sciamano QAnon e migliaia di sostenitori di Trump hanno preso d’assalto Capitol Hill. Siamo in un limbo in cui la politica è ridotta a immagine: lo spettacolo di un colpo di Stato fascista. Il 6 gennaio è stato più una performance che un’insurrezione.

Anche il progetto DOGE segue lo stesso schema: in parte spettacolo, in parte tentativo di sovversione istituzionale. Se nel 2021 i manifestanti indossavano i costumi di Braveheart, nel 2025 l’avanguardia si presenta come un gruppo di giovani uomini sorridenti con profili LinkedIn e curriculum.[...] Lo strano amalgama di accelerazionismo fascista online, think tank conservatori e cultura delle startup che Trump sta dirigendo mira a demolire quello che percepiscono come un apparato statale sequestrato da una sinistra impegnata in idee “degenerate” di giustizia sociale e uguaglianza.


I politici tardo-fascisti fomentano il conflitto. Una parte significativa della popolazione sostiene ormai la dissoluzione del simulacro democratico e applaude alla violenza razzista e all’aumento del controllo statale. La democrazia, intesa come governo del popolo e autodeterminazione collettiva, si è trasformata in identificazione del popolo con il leader: una caricatura grottesca della <<Volontà generale>> di Rousseau. La contraddizione costitutiva della democrazia capitalista trova oggi una nuova forma, in cui il popolo, soggetto e oggetto della sovranità, esercita la propria libertà sottomettendosi a un leader grottesco.


Il nuovo fascismo, naturalmente, si distingue da quello novecentesco in diversi aspetti. Anzitutto, rifiuta esplicitamente il termine <<fascismo>>. L’Olocausto e la Seconda guerra mondiale hanno tracciato un confine simbolico che rende oggi impensabile l’auto-definizione fascista, almeno nella maggior parte dei contesti politici. [...] Al suo posto proliferano autodefinizioni che mascherano le continuità con i fascismi storici: alt-right, patrioti, value warrior, populisti, nazionalisti.

Enzo Traverso ha analizzato con finezza il passaggio dal fascismo storico ai partiti post-fascisti contemporanei, che rifiutano esplicitamente qualsiasi legame con il fascismo o, più ambiguamente, lo evocano in modo allusivo, come fanno Marine Le Pen o Giorgia Meloni. Ma, come osserva Traverso, non si possono comprendere questi fenomeni politici senza confrontarli con il fascismo del Novecento. Il post-fascismo è una forma ibrida: non si oppone alla democrazia come i fascismi tra le due guerre, ma pretende di salvarla. Non si manifesta in movimenti con milizie armate, ma in partiti che partecipano regolarmente alle elezioni. Tuttavia, sul piano ideologico, restano costanti alcuni elementi: nazionalismo, razzismo, xenofobia, culto di un leader forte. Ancora oggi questi ingredienti alimentano un discorso violento che individua un nemico esterno da neutralizzare.

Il prefisso post- utilizzato da Traverso descrive efficacemente il carattere disarticolato del nuovo fascismo: meno coerente ideologicamente dei suoi predecessori, non presenta una visione del mondo strutturata come il nazismo. Trump, Orban, Le Pen o Åkesson non sembrano animati da un progetto totalitario sistematico. Il post-fascismo si presenta come una forma più aperta e adattiva, capace di inserirsi nei meccanismi della democrazia rappresentativa. Questi leader non parlano più di <<natura eterna della razza>> o di <<Reich millenario>>, ma si limitano a evocare temi nazionalisti, moralismo reazionario, protezionismo e sovranismo.


Trump è di nuovo un caso emblematico. Un agente immobiliare e personaggio televisivo diventato presidente degli Stati Uniti: sgradevole, maleducato anche per gli standard politici statunitensi, commenta freneticamente ogni evento tramite i social, contraddicendosi e mentendo continuamente, spesso senza conoscere affatto ciò di cui parla. Non incarna un’ideologia politica coerente come Mussolini o Hitler, e, sebbene si dica che tenga una copia del Mein Kampf sul comodino, non sembra possedere alcuna conoscenza storica del fascismo europeo né tantomeno cercare di ricostruirlo consapevolmente.


Il fascismo di Trump appare meno come un'ideologia coerente e più come un’accozzaglia di battute razziste, ignoranza e comportamenti misogini filtrati attraverso una cultura dell'intrattenimento che eccelle nel kitsch, nell'insensibilità, nell'eccesso e nel ridicolo. Ma è importante ricordare che il fascismo è da sempre caratterizzato come un'ideologia instabile, lo erano anche i vari fascismi del periodo tra le due guerre. Come ideologia politica, il fascismo non ha la stessa consistenza del socialismo, del liberalismo e del conservatorismo, ma è una macchina di polarità che unisce degli elementi apparentemente opposti, proponendosi contemporaneamente come reazionario e moderno. La contraddizione non è quindi niente di nuovo, ma al contrario una caratteristica costitutiva.


Adorno definiva il fascismo come <<pratica senza concetto>>. Trump e i fascisti del tardo capitalismo non fanno che portare questa caratteristica alle estreme conseguenze. Questa apparente incoerenza non deve però indurci a pensare che siamo di fronte a qualcosa di diverso; quello che vediamo non è un’anomalia, ma l’essenza del fascismo: un’ideologia incoerente che si alimenta di rappresentazioni già circolanti, rielaborandole per produrre uno slittamento ideologico funzionale all’accumulazione del capitale e alla costruzione di capri espiatori. Incapace di affrontare le cause profonde della crisi, cioè l’economia del denaro, il fascismo non può fare altro che fomentare ulteriori conflitti.

Trump, come gli altri leader del fascismo capitalista (Bolsonaro, Orban o Inger Støjberg), appare come una parodia del leader fascista, ma al tempo stesso ha dispiegato forze paramilitari nelle strade, esprime dichiarazioni xenofobe, e sta potenziando una già brutale forza di polizia di frontiera, capace di rintracciare e arrestare i migranti su una scala senza precedenti. [...]



Controrivoluzione 


Nonostante tutto questo, le rivolte continuano. La vecchia talpa di Marx è riemersa e sta scavando. Proprio per questo il capitale sta mobilitando i settori più reazionari della grande e piccola borghesia. Negli Stati Uniti, Trump è un mezzo per questo spostamento, dove parti della classe capitalista americana e della classe media bianca reazionaria formano un'alleanza per ostacolare la trasformazione radicale che i vari movimenti di protesta insieme potenzia rappresentano. Per una classe capitalista divisa e costretta a cambiare strategia per fermare le <<classi pericolose>> Trump è un male necessario. La bizzarra personalità che Trump ha espresso nei reality TV si è dimostrata ideale per collegare il movimento alt-right, l'accelerazionismo fascista e i think tank conservatori con la piccola borghesia in un ultranazionalismo finanziato da ampi settori del capitale statunitense, come le big tech o le aziende che forniscono il complesso militare statale. 

Nel suo testo del 1940 La controrivoluzione fascista, il comunista tedesco Karl Korsch citava lo scrittore italiano Ignazio Silone: <<Il fascismo è una controrivoluzione contro una rivoluzione che non ha mai avuto luogo>>. La funzione del fascismo nel capitalismo in crisi è quella di bloccare e far deragliare una potenziale rivoluzione socio-politica. Il fascismo è reazionario, è un tentativo di sostituire lo smantellamento rivoluzionario del capitalismo. È, come scrisse Walter Benjamin, amico di Korsch, una pseudo-rivoluzione, una rivoluzione contro la rivoluzione, che prende il posto di una rivoluzione mancante: <<Il fascismo cerca di organizzare le nuove masse proletarizzate lasciando intatti i rapporti di proprietà che cerca di abolire. Vede la sua salvezza nel dare espressione alle masse>>.


Il progetto MAGA di Trump è una controrivoluzione per preservare un'accumulazione di capitale che appare indebolita e impedire l'emergere di una vera alternativa. La resistenza negli Stati Uniti non è mancata: dopo la crisi finanziaria abbiamo avuto le proteste studentesche in California nel 2009, il movimento Occupy nel 2011 e Black Lives Matter nel 2013-2014, la rivolta di George Floyd nel 2020 e la lotta in corso per difendere la foresta di Atlanta. Insieme, rappresentano la sfida più completa all'ordine dominante negli Stati Uniti dalla fine degli anni Sessanta. E a differenza di quel periodo, le proteste si svolgono sullo sfondo di un prolungato rallentamento economico. La crisi finanziaria ha messo a nudo un <<atterraggio di fortuna>> di quello che viene definito in modo fuorviante come neoliberismo che durava da quarant’anni. 


Questo lungo atterraggio di fortuna fornisce il contesto per il nuovo fascismo. Il sogno della borghesia di creare plusvalore senza lavoro è fallito, e ora è necessario affidare la <<politica>> ai fascisti, nella speranza che possano far fermare la fine dell'economia monetaria. La risposta del capitale alla decolonizzazione e alla resistenza dei lavoratori negli anni Sessanta è stata quella di ridurre i costi di produzione, ma ciò ha creato un'economia mondiale instabile con una concorrenza feroce, che sposta costantemente la produzione alla ricerca di salari più bassi. Il risultato è stato una sovrapproduzione e un calo dei salari, che fino al 2007- 2008 sono stati nascosti da una circolazione sfrenata di denaro e da bolle creditizie in crescita esponenziale, agevolate dalle istituzioni economiche statali per coprire il calo della domanda. Quando le bolle sono scoppiate, le contraddizioni dell'economia globale sono diventate improvvisamente evidenti. 


È questo lento deroute, che è diventato improvvisamente concreto con la crisi finanziaria, il contesto in cui Trump si sta muovendo. Trump è stato l'unico politico che ha affrontato concretamente l’erosione dell'economia, rivelandola nelle sue campagne elettorali. In questo modo, Trump è stato una ribellione contro il consenso politico negli Stati Uniti: Hillary Clinton, Bill Clinton e Kamala Harris rappresentavano la convinzione che fosse possibile andare avanti ancora per un po', lui invece ha riconosciuto la crisi. Trump riconosce la crisi, ma contemporaneamente elimina la lotta di classe e la sostituisce con una narrazione ideologica della vera "America". In questo modo, diventa una rivolta contro la rivolta che sta arrivando. Trump divide le <<classi inferiori>>: i bianchi americani contro i <<non-Americani>>, aumentando la retorica razzista e la violenza che l’accompagna.

Come scrivono Korsch e Benjamin, una controrivoluzione fascista è sempre conservatrice del capitale. Essa crea un’immagine di una comunità minacciata forze esterne sovversive che deve essere protetta. Il fascismo ha quindi come effetto un cambiamento in cui i problemi politico-economici <<oggettivi>> sono "colpa" di qualcuno, in cui gli sviluppi economici strutturali sono percepiti come il risultato delle azioni o della presenza di gruppi specifici. Nel caso di Trump, ovviamente, la colpa ricade sui messicani, i canadesi, gli afroamericani, i cinesi, gli antifascisti e gli esponenti della sinistra woke.[...] Nella Germania nazista degli anni '30 i nemici erano gli ebrei, ma anche i sinti, i comunisti e altri <<nemici del popolo>> che minacciavano la razza ariana. Il punto è che il fascismo sostituisce sempre la lotta di classe con l'esclusione razziale. Le contraddizioni dell'economia capitalista vengono trasferite su una figura concreta che viene a incarnare la crisi. Il dominio astratto del capitale viene tradotto nella lotta contro i nemici stranieri. I rapporti di produzione capitalistici e gli antagonismi di classe vengono così mutati in una pseudo-resistenza che assume la forma dell'esclusione dello straniero, in Europa oggi soprattutto dei musulmani e delle persone provenienti dall'Africa e dal Medio Oriente, negli Stati Uniti degli afroamericani e dei latinos. 



Nuova normalità


Il fascismo non è qualcosa di radicalmente diverso dalla democrazia borghese. Il fascismo non viene dall'esterno, ma nasce come soluzione di emergenza all'interno del capitalismo in una situazione di crisi economica, implosione politica e minacciato da una resistenza che nega il capitale. Questo è uno dei punti cardine dell'analisi di Benjamin e Korsch sul fascismo come controrivoluzione: mantenere i rapporti di produzione capitalistici, ma sospendendo le regole politico-giuridiche e usando la polizia per terrorizzare le <<classi pericolose>>. Il fascismo è in questo modo <<normale>>. Come ha detto Korsch in una critica a Marx: <<Il più grande difetto della concezione marxiana della controrivoluzione è che Marx non ha percepito e non poteva percepire, in base alla sua esperienza storica, la controrivoluzione come una fase normale dello sviluppo sociale>>. Oggi il fascismo è la nuova normalità. 



Note

[1]  Sul rebranding del fascismo cfr: Paul Gilroy, Agonistic Belonging: The Banality of Good, the “Alt Right” and the Need for Sympathy, Open Cultural Studies, no. 3, 2019.

 

[2] Enzo Traverso, Les nouveaux visages du fascisme: Conversation avec Régis Meyran, Textuel, Paris 2017. Trad. It. I nuovi volti del fascismo, traduzione di Gianfranco Morosato, Ombrecorte, Bologna 2017.

 

[3] Theodor W. Adorno, Aspekte des neuen Rechtsradikalismus. Ein Vortrag, 1967. Trad. It Aspetti del nuovo radicalismo di Destra, traduzione di Silvia Rodeschini, Marsilio, Venezia 2020.

 

[4] Karl Korsch, The Fascist Counter-Revolution, Living Marxism, Volume 5, Numero 2, 1940 pp. 29-37.

 

[5] Walter Benjamin, Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, 1936. Trad. It. L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, traduzione di Enrico Filippini, Einaudi, Torino 1966.

 

[6] Moishe Postone, Anti-Semitism and National Socialism: Notes on the German Reaction to “Holocaust”, New German Critique, no. 1, 1980.

 

[7] Karl Korsch, op.cit.



 Mikkel Bolt Rasmussen insegna presso il dipartimento di Arte e studi culturali dell’università di Copenaghen, è autore di molti saggi, tradotti in italiano La controrivoluzione di Trump (Agenzia X, 2019) e Dopo il grande rifiuto (Agenzia X, 2021).

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