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  • Immagine del redattore: Craig Mokhiber
    Craig Mokhiber
  • 1 lug
  • Tempo di lettura: 9 min

Aggiornamento: 4 lug

Stati canaglia: l'illegalità degli attacchi isreliani contro l'Iran con il sostegno degli Stati Uniti

 Thomas Berra
 Thomas Berra

L’ attacco contro l’Iran è solo l’ultimo crimine nella traiettoria distruttiva del regime israeliano nel Medio Oriente. L’impunità connivente dell’Occidente si è declinata in una minaccia globale. Questo articolo è stato tradotto e adattato dall’inglese. Pubblicato originariamente su <<Mondoweiss.net>> viene qui riprodotto con il consenso esplicito del suo editore.

Il regime israeliano – inebriato dall'impunità complice dell'Occidente, carico di armi fornite dall'Occidente e spinto da un'ideologia razzista violenta figlia dell’Occidente – sta devastando il Medio Oriente, lasciando dietro di sé una scia di sangue e distruzione. Il flagrante atto di aggressione contro l'Iran è solo l'ultimo crimine perpetrato nella attuale orgia di violenza, che da venti mesi devasta la regione. Ma Israele non è un canaglia solitaria. Non potrebbe sfuggire alla sanzione per i propri crimini se non avesse il sostegno di un attore potente.

Gli Stati Uniti hanno dato il via libera per l’attacco a sorpresa, hanno ordito il diversivo di conversazioni diplomatiche (forse false) per facilitarlo, hanno speso i dollari dei contribuenti per finanziare l'operazione, hanno fornito l'intelligence necessaria per individuare gli obiettivi, hanno consegnato armi e munizioni per uccidere, hanno offerto la copertura diplomatica dalle misure del Consiglio di sicurezza, hanno mobilitato le forze armate per intercettare la risposta difensiva dell'Iran, hanno certificato la promessa di sostegno militare diretto – se Israele lo richiedesse – e hanno dispiegato la copertura mediatica delle testate complici.


Ora, gli USA sembrano disposti a entrare direttamente in agone. Ancora una volta sono complici dei crimini di Israele. L'impunità che ne discende, principale sottoprodotto della collaborazione con Israele, non solo minaccia l'autodeterminazione palestinese e la sovranità dei paesi della regione, ma anche la pace e la sicurezza mondiali.

La minaccia globale dell'impunità israeliana


Negli ultimi mesi, Israele ha perpetrato il crimine di genocidio e la condizione di apartheid in Palestina; ha compiuto un attacco terroristico transnazionale attraverso cercapersone esplosivi in Libano, ha lanciato ordigni contro Beirut, Siria, Yemen e Iran, ha intensificato l'occupazione illegale di territori palestinesi, libanesi e siriani, ha operato esecuzioni extragiudiziali in territorio straniero. Ancora, ha proceduto all'assalto e alla requisizione della nave della flottiglia umanitaria Madleen, ha attaccato innumerevoli volte il personale e le strutture delle Nazioni Unite. 

Ha mobilitato i propri delegati nei paesi occidentali per intralciare i difensori dei diritti umani e corrompere i governi.

Israele possiede arsenali di armi convenzionali ad alta tecnologia, nucleari, chimiche e biologiche, non ne consente ispezioni internazionali e si rifiuta di ratificare il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP). Inoltre, è governato da un regime di estrema destra, profondamente razzista e fondamentalmente violento, non soggetto ad alcuna norma del diritto ovvero della diplomazia internazionale. Nemmeno della morale comune. 

L’impunità è l’ingrediente principale nella ricetta per un disastro globale. Quella garanzia di immunità dall'Occidente di cui ha goduto ne ha favorito la criminalità seriale, minacciando l'intera regione e – potenzialmente – il mondo intero.

Peggio, per proteggere ulteriormente Israele, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno corrotto, catturato o schiacciato sistematicamente i governi della regione e colpito gli attivisti del Libano (Hezbollah) e dello Yemen (Ansar Allah), che ancora sfidano il violento progetto egemonico israeliano. Rimane solo l'Iran in piedi. Un elemento intollerabile: la possibile deterrenza.

Una guerra per l'egemonia dell'asse USA-Israele

Pertanto, l'Iran è nel mirino, ultimo stato indipendente nella regione dopo la corruzione e la cooptazione della maggior parte dei governi arabi da parte degli Stati Uniti e l’annientamento sistematico di quelli che inizialmente si sono rifiutati di calare il capo – Iraq, Libia e Siria, ad esempio –. L'essenza di questo piano è stata rivelata più di due decenni fa dal generale statunitense ed ex comandante della NATO Wesley Clarke, quando descrisse i piani degli Stati Uniti per «attaccare sette paesi musulmani in cinque anni». Nella lista figuravano Iraq, Libia, Siria, Libano, Somalia, Sudan e – naturalmente – Iran.

Anche dopo decenni di sanzioni, sabotaggi, aggressioni, sforzi di destabilizzazione e l'intromissione delle intelligence occidentali, l'Iran si è rifiutato di inchinarsi agli USA. 

Nonostante la pressione costante, la Repubblica Islamica non ha abbandonato il popolo palestinese, né ha inteso normalizzare il colonialismo e l'apartheid israeliano, o girare lo sguardo dall'altra parte mentre “il popolo eletto” perpetra un genocidio. Ha negato all'impero statunitense il controllo delle proprie risorse naturali – comprese importanti riserve di petrolio e gas –. 

E, come è ben noto, non rinunciare al diritto, come stato sovrano, di sviluppare energia nucleare pacifica a beneficio della propria economia in via di sviluppo.

Poiché i decenni di sforzi dell'asse USA-Israele nello strangolare e destabilizzare il paese – con grande sofferenza per la popolazione civile – non sono riusciti a sottomettere l'Iran, si passa ora ad un'aggressione militare su larga scala, riesumando le vecchie e false giustificazioni delle "armi di distruzione di massa", che tanto bene servirono a sostenere la necessità dell’attacco nel vicino Iraq più di venti anni fa.

Oggi, tuttavia, l'argomento è portato al parossismo: non che l'Iran possieda armi di distruzione di massa, ma che possa acquisirle un giorno. Un'accusa che risulta ancora più ridicola dato che gli stessi aggressori – sia gli Stati Uniti che Israele – possiedano tali arsenali e siano colpevoli di atti di aggressione continuati, l'Iran no.

Ius ad bellum: il reato di aggressione

L'attacco non provocato contro l'Iran per mano d’Israele con il sostegno americano, è un reato secondo il diritto internazionale: un atto sleale, durante le trattative in corso con gli States e persino diretto contro il funzionario iraniano incaricato delle negoziazioni. (E, per inciso, proprio dopo che Israele ha sospeso i servizi di rete a Gaza, innalzando un bastione digitale attorno al genocidio incrementale in quei territori).

L'Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite riconosce il diritto alla legittima difesa solo in risposta ad un <<attacco armato>> o quando specificamente autorizzato dal Consiglio di sicurezza. Diversamente, costituisce reato di aggressione ai sensi del diritto internazionale. Quindi il regime israeliano sta utilizzando la forza contro l'Iran in violazione dell’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite, che proibisce la minaccia o l'uso della forza, commettendo reato di aggressione. Giuridicamente, dunque, il diritto all'autodifesa appartiene all'Iran e, decisamente, non a Israele (né agli Stati Uniti). 

Inoltre, contrariamente a quanto asserito dai portavoce israeliani in Occidente, il diritto internazionale non consente una <<autodifesa anticipata>> né i cosiddetti <<attacchi preventivi>>.

Il governo Bush – nel periodo precedente all'aggressione contro l'Iraq – ha cercato di sostenere che la legittima difesa anticipata fosse ammissibile. Argomento ampiamente respinto, poiché l'intento della Carta delle Nazioni Unite era quello di proibire le petizioni di legittima difesa a meno che non si fosse verificato un attacco armato, ovvero che il Consiglio di sicurezza avesse autorizzato l'uso della forza militare. Neppure l'idea di legittima difesa anticipata del diritto internazionale consuetudinario del XIXsimo secolo, sostenuta da alcuni studiosi prima dell'adozione della Carta delle Nazioni Unite, arrivava così lontano come la torsione operata da Bush. Prima dell'adozione della Carta, il Caroline test consentiva una sorta di legittima difesa anticipata, ma solo se la minaccia si fosse configurata  «immediata, schiacciante e non lasciava altra opzione né tempo per deliberare», cosa insussistente nel caso contro l'Iran. Altri analisti hanno cercato di trovare un compromesso, affermando che l'azione anticipata possa ammettersi purché si consideri che l'attacco sia "imminente". Argomento dubbio, poiché non c'è traccia di tale eccezione nel diritto internazionale.

Naturalmente, Israele – il regime canaglia per eccellenza, schermato dall'armatura dell'impunità garantita dagli Stati Uniti – si preoccupa poco della legalità. Rappresentanti e delegati non rinunciano tuttavia a costruirne un'apparenza di legalità, quale parte degli sforzi propagandistici nei media occidentali. Così l’istituto della legittima difesa anticipata si flette a favore dei <<buoni>>, insieme al diritto di attaccare chiunque possa decidere di colpire il paese in futuro. Dichiarano che l'Iran possa un giorno sviluppare armi nucleari, usarle contro Israele e che – pertanto – quest’ultimo non abbia altra scelta che attaccare la Repubblica Islamica ora. Se questa fosse la norma, qualsiasi stato potrebbe legalmente attaccane altri in ogni momento, semplicemente sostenendo una potenziale minaccia futura. E ciò annullerebbe effettivamente la Carta delle Nazioni Unite.

Per Israele ha senso.  Israele è, essenzialmente, uno stato annientatore. Creato con la violenza, si è espanso attraverso la violenza e si mantiene attraverso l’esercizio costante della violenza. L’ideologia ufficiale si basa su una concezione militarizzata della sicurezza che, in sostanza, postula che chiunque non soggiaccia debba essere distrutto affinché non tenti di difendersi un giorno. Così, tutta la storia del regime israeliano è stata definita dalla militarizzazione, dalla conquista, dalla colonizzazione, dall'espansione e dall'aggressione. In termini pratici, ciò ha significato il genocidio del popolo indigeno della Palestina e attacchi costanti contro i territori vicini. Ma anche nella slabbratura più audace dell’istituto della legittima difesa anticipata – che, giova ancora una volta ripetere, è respinta da quasi tutta la professione e la disciplina del diritto internazionale – . L’uso della forza contro l'Iran rimarrebbe illegale.

Non è difficile da dirimere:


1) l’Iran non possiede armi nucleari;

2) non ci sono prove che le stia sviluppando; 

3) non ci sono prove che le utilizzerebbe contro il regime israeliano, anche se le ottenesse; 

4) non esisteva una minaccia imminente; 

5) il regime israeliano non ha esaurito i mezzi pacifici. 


In sintesi, si tratta di un'aggressione par excellence – reato supremo nel diritto internazionale – dallo stesso regime che sta commettendo il crimine dei crimini, il genocidio. In questo contesto, la complicità dagli Stati Uniti li rende altrettanto colpevoli.

Jus in bello: attacchi contro civili e infrastrutture

Oltre al crimine di aggressione, gli attacchi contro l'Iran hanno incluso altre gravi violazioni. Al momento della redazione di questo articolo, Israele ha già ucciso centinaia di iraniani, per la maggior parte civili. Ha attaccato edifici residenziali, sedi dei media e almeno un ospedale. E ha assassinato diversi scienziati iraniani. È superfluo dire che tali atti violino il principio di distinzione e il divieto di attaccare persone e infrastrutture civili protette.

La strage di scienziati è esemplare. Qualora uno di questi fosse membro dell'esercito – non un civile – allora, in alcune circostanze, può considerarsi un obiettivo legittimo. Ma la maggior parte, anche in Iran, sono professionisti non graduati, prestati a questioni di armamento…e gli scienziati iraniani neanche lavorano su questo, ma solo sull'energia nucleare.  Pertanto, attaccarli è illegale. E, superfluo dirlo, è inammissibile dal punto di vista giuridico attaccare persone nelle proprie case perché possiedano competenze che un giorno forse possano applicarsi su questioni militari. 

Più semplicemente: si tratta di omicidio. Allo stesso modo, gli attacchi di Israele contro infrastrutture civili – residenziali, ad esempio – per annientare professionisti del nucleare, siano questi civili o militari, non potrebbero superare i criteri del diritto internazionale umanitario in materia di «precauzione, distinzione o proporzionalità». Pertanto, illegali. Accettare gli scandalosi argomenti del regime israeliano equivarrebbe ad adottare una norma secondo la quale sarebbe permesso sparare a qualsiasi essere umano, semplicemente perché un giorno potrebbe diventare soldato.  È superfluo sottolineare che non sia consentito?

Gli attacchi contro l'infrastruttura energetica sono comunque illeciti. Simili impianti sono generalmente protetti dal diritto internazionale umanitario, poiché essenziali per la sopravvivenza della popolazione civile. Su ciò concorda anche l'Agenzia internazionale per l’energia atomica.

Anche in questo caso, in via speculativa, possono esserci circostanze in cui tali azioni siano consentite: nella pratica sarebbe quasi impossibile per una parte belligerante soddisfare le condizioni necessarie per attaccare di diritto tali impianti. 

Solo in casi molto circoscritti possono considerarsi obiettivi militari, ad esempio quando dei soldati vi si acquartierino con intenti offensivi. Condizioni che qui non sussistono.

Riguardo poi i criteri di «precauzione, distinzione e proporzionalità»…in un impianto nucleare – con il rischio di fuoriuscite e diffusione di radiazioni e danni alla popolazione civile – sono insussistenti. 

Il diritto di neutralità richiede che le parti in conflitto non causino poi danni trans-frontalieri ad uno stato neutrale per l’impiego di un'arma da parte di uno stato belligerante, il che sarebbe inevitabile se si verificasse il rilascio di emissioni da atomica.

Fermare le canaglie

La spudorata illegalità di Israele e dei suoi rooters ha causato devastazione sia nei paesi e nei popoli del Medio Oriente che alla stessa legittimità del diritto internazionale. Denunciarne i crimini e chiedere di risponderne è essenziale per la causa della giustizia. 

L’Occidente si ossessiona con i rischi dei programmi nucleari pacifici mentre la vera minaccia per la sicurezza mondiale oggi non risiede nei reattori e nelle centrifughe iraniane, ma nell'aggressione, nel genocidio e nell'impunità.  Contenere queste minacce è un imperativo globale.

Consigli di lettura:

C. Mokhiber, The People vs. The Abyss: The Sarajevo Declaration of the Gaza Tribunal, in «Mondoweiss»

T.Ali, Conquered Lands, in «NLR», n. 151 e Los caminos a Damasco, in «Diario Red». 

E. Sadeghi-Boroujerdi, Iran e Israel al borde del abismo, in «Diario Red»; Control de daños en la República Islámica de Irán e Las reglas del juego, in «El Salto». 

S. Mourad, Hezbolá embridado, in «Diario Red». 

S. Watkins, The Nuclear Non-Protestation Treaty, in «NLR», n. 54.


Craig Gerard Mokhiber è un attivista per i diritti umani e avvocato. Attivo come militante negli anni ’80, ha poi prestato servizio per oltre trent’anni presso le Nazioni Unite che ha lasciato nell’ottobre 2023 scrivendo una lettera ampiamente diffusa in cui ha criticato i fallimenti dell’ONU nella difesa dei diritti umani in Medio Oriente, lanciando l’allarme sul genocidio in corso a Gaza e invocando un nuovo approccio alla questione israelo-palestinese basato sul diritto internazionale, sui diritti umani e sull’uguaglianza.

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