konnektor
- Oliver Eagleton
- 22 set
- Tempo di lettura: 22 min
Costruire il partito della sinistra nel Regno Unito: intervista a James Schneider (1)

La profondità della crisi del capitalismo storico, concomitante al disastro causato dalle politiche radicalmente neoliberiste e che guardano a destra che governano tutti i paesi europei e la stessa Unione Europea, oltre alla deriva autoritaria e genocida del mondo atlantico richiedono urgentemente la rifondazione del campo politico della sinistra.
Negli ultimi mesi, diversi gruppi della sinistra organizzata britannica hanno discusso la formazione di una nuova organizzazione politica nazionale sotto forma di partito politico o di alleanza elettorale. Le ragioni per creare un’istituzione di questo tipo non potrebbero essere più chiare. L’attuale governo laburista è caratterizzato dalla sua deferenza verso gli interessi corporativi-imprenditoriali, dalla sua complicità con il genocidio e dalla repressione della dissidenza. Nel frattempo, l’opposizione conservatrice continua a essere ossessionata dalle guerre culturali e segnata dalla sua lunga storia di malgoverno, mentre l’estrema destra di Reform UK sembra essere sulla buona strada per ottenere la maggioranza dei voti popolari, con la sua concezione legata all’ideologia fortemente anti-immigrazione e pararazzista del vecchio Enoch Powell presentata come l’unica politica praticabile.
I sondaggi suggeriscono che un partito di sinistra potrebbe ottenere tanti voti quanto il partito al governo: entrambi raggiungerebbero circa il 15% dei voti. Questa percentuale potrebbe aumentare ulteriormente se il partito riuscisse a radicarsi in circoscrizioni chiave e lanciasse un attacco deciso al cosiddetto Westminster consensus, ovvero la sostanziale convergenza delle politiche di tutti i partiti presenti in Parlamento. Tutto ciò costituirebbe un evento che comporterebbe un grande passo avanti per il blocco socialista storicamente frenato nel Regno Unito dai vincoli imposti dal Labour. Sebbene i politici e gli attivisti che partecipano in prima linea a questa nuova organizzazione non abbiano ancora elaborato un programma chiaro, la nota deputata socialista Zarah Sultana e l’ex leader laburista Jeremy Corbyn hanno annunciato una conferenza inaugurale, da tenersi in autunno, in cui saranno decise democraticamente le politiche e i modelli di leadership. In meno di 24 ore si sono iscritte ben 200.000 persone.
Uno degli organizzatori che ha lavorato a questo progetto è James Schneider. Nato nel 1987, Schneider ha iniziato ad assumere posizioni più radicali con la guerra in Iraq e la crisi finanziaria mondiale. Nel 2015 ha partecipato alla fondazione del movimento Momentum per il sostegno popolare alla leadership di Corbyn e, un anno dopo, è diventato direttore della comunicazione strategica del partito, propugnando una sorta di populismo di sinistra senza complessi, cercando, alla fine invano, di resistere alle pressioni contro la direzione del partito guidata da Corbyn perché capitolasse davanti alla destra laburista su questioni chiave come la Brexit. Da allora ha pubblicato Our Bloc: How to Win (2022), il suo progetto per il futuro della sinistra britannica, e ora lavora come direttore della comunicazione di Progressive International.
Schneider ha parlato con Oliver Eagleton dei punti fondamentali nel processo di costruzione di un partito: come il rapporto tra il potere popolare e il consenso elettorale, le strutture organizzative da costruire, i fattori che in precedenza sono stati di ostacolo a una tale impresa e gli esempi internazionali a cui potersi rifare. Questa è la prima di una serie di riflessioni sulle prospettive della sinistra post-Corbyn, che appariranno su «Sidecar» e «ahida».
Questo testo è apparso su «Sidecar», il blog della «New Left Review», rivista bimestrale pubblicata a Madrid dall’«Istituto Repubblica & Democrazia» di Podemos e da «Traficantes de Sueños», ed è qui pubblicato con l'espresso consenso del suo editore.
Oliver Eagleton: Cominciamo con la descrizione generale di ciò che un ipotetico partito di sinistra dovrebbe aspirare a realizzare nel panorama politico da qui al 2030, specialmente in paesi come la Gran Bretagna, dove dovrebbe affrontare una serie di ostacoli importanti, che vanno dal controllo dei media esercitato dall’establishment al sistema antidemocratico di Westminster, passando per la divisione delle forze situate alla sinistra del Partito Laburista.
James Schneider: Il compito di questo partito dovrebbe essere quello di intraprendere diverse forme di «costruzione politica». In primo luogo, dobbiamo affrontare la costruzione dell’unità popolare: prendere i gruppi di affinità socio-elettorale, che attualmente costituiscono una maggioranza a livello sociale, e tradurli in una maggioranza politica. In Gran Bretagna, si tratta della classe operaia priva di beni, dei laureati in declino sociale e delle comunità razzializzate. La maggior parte delle persone pensa ai gruppi di affinità socio-elettorale in termini puramente elettorali: «Come possiamo guadagnare qualche seggio in più?», ecc. Ma, in fondo, non importa se hai cinquanta, cento o duecento deputati, se la tua strategia elettorale non è legata a questo progetto sociale più ampio.
Poi occorrerebbe passare alla costruzione del potere popolare: costruire organizzazioni strutturate che le persone possano utilizzare per controllare democraticamente diversi aspetti della propria vita, sia ottenendo concessioni dal capitale e dallo Stato, sia andando parzialmente oltre, attraverso il passaggio da merce a bene comune di determinate risorse o la creazione di spazi autonomi. Ciò consentirebbe alle persone di legiferare collettivamente dal basso, creando al contempo le condizioni affinché il loro partito attui interventi legislativi dall’alto. Il movimento operaio e le cooperative britanniche hanno tradizionalmente perseguito tale scopo. Altri paesi hanno tradizioni più variegate di creazione di potere popolare attraverso, ad esempio, gruppi di inquilini, collettivi agricoli, sindacati di debitori o occupazioni di terreni, solo per citarne alcune.
Questo ci porta alla forma finale di costruzione politica: quella di un’alternativa popolare. L’unità popolare e il potere popolare dimostrano che esistono forme alternative di organizzazione della società nel suo complesso, mentre si costruisce un programma di governo maggioritario in grado di soddisfare le esigenze della popolazione a breve e medio termine. Se seguiremo questa strategia tripartita, inizieremo a vedere l’emergere di nuove forme di protagonismo popolare, che diffondono la lotta e il controllo in tutta la società.
Permettimi di farti due esempi dalla Colombia. Storicamente, questo Paese è stato uno dei principali bastioni dell’imperialismo nel continente, dominato da un’élite conservatrice. Tuttavia, da oltre settant’anni il petrolio del Paese è di proprietà pubblica, perché nel 1948 i lavoratori petroliferi hanno indetto uno sciopero a tempo indeterminato che ha costretto lo Stato a creare un’azienda nazionalizzata, e la pressione delle masse ha continuato a essere tale da impedire la possibile revoca di questa decisione da parte dei successivi governi colombiani. Più recentemente, nel 2010, è stata creata un’istituzione chiamata Congresso Popolare per riunire diversi movimenti sociali e lotte territoriali: urbani, contadini, indigeni. Una delle sue iniziative è stata creare territori di produzione alimentare controllati dai contadini, che collegavano i piccoli agricoltori ai poveri delle città, iniziativa che alla fine ha costretto il governo a riconoscere e sostenere questi territori in espansione, concepiti dal movimento come «baluardi del potere popolare». Questa strategia di legiferare dal basso ha contribuito all’elezione del primo governo di sinistra della Colombia nel 2022, guidato da Gustavo Petro.
In sintesi, il nostro partito deve essere un veicolo per instaurare l’unità, un catalizzatore dell’organizzazione e una leva per la mobilitazione popolare verso un’alternativa sociale. Il nostro obiettivo a lungo termine, ben oltre ciò che può essere realizzato nel decennio 2020, deve essere quello di stabilire una società che riconosca la dignità essenziale di ogni persona. Sebbene questo principio sia evidente per molti, le macrostrutture del nostro sistema globale vi si oppongono fermamente. L’ordine attuale si basa su una triade formata da capitale, nazione e Stato. Il nostro obiettivo deve essere quello di sostituirlo con un altro, fondato sul sociale, l’internazionale e il democratico, tre logiche interconnesse che aprono spazi a nuove forme di vita al di là dello sfruttamento, dell’impero e del controllo verticale. Ciò significa socializzare l’economia, trasformare la nostra posizione nella catena delle relazioni imperiali e nella divisione globale del lavoro, e democratizzare lo Stato. Non c’è alcuna strada verso un futuro ecologicamente sostenibile senza queste trasformazioni. In questo Paese non abbiamo mai avuto un’organizzazione che abbia cercato di realizzare questo tipo di cambiamento attraverso la politica di massa. Nessuno dei piccoli gruppi di sinistra lo ha fatto. Nemmeno sotto la guida di Corbyn del Partito Laburista abbiamo concepito il nostro obiettivo in questi termini. Ciò che serve è un partito popolare, supportato da un insieme di organizzazioni, che possa conquistare il potere in tutti i sensi: sociale, culturale, politico e industriale.
Oliver Eagleton: Puoi dirci qualcosa di più su come questa strategia affronterebbe le realtà pratiche dell’attuale politica britannica?
James Schneider: I gruppi sociali che ho descritto sopra, cioè i lavoratori senza beni, i laureati in declino sociale e le persone razzializzate, sarebbero i principali beneficiari di un movimento organizzato per abolire lo stato di cose presente. Naturalmente, un partito di sinistra deve anche cercare sostegno al di là di questi gruppi: ci sono elementi progressisti al di fuori di essi, così come ci sono elementi reazionari al loro interno, quindi non può essere un processo rigido o meccanico. Ma questi sono i tre attori principali attraverso i quali si può costruire l’unità popolare. Alcune delle ragioni per cui essi costituiscono una maggioranza numerica sono legate alla posizione globale della Gran Bretagna come economia avanzata al centro dell’economia capitalista, ma altre sono più specifiche: ad esempio, le politiche promosse dal New Labour in materia di istruzione superiore, alloggi e modello industriale, che hanno creato la categoria dei laureati in declino sociale (il che è paradossale, dato che il New Labour era in parte il progetto di una classe di laureati in ascesa sociale). Sempre più spesso, le azioni dell’establishment, in particolare quelle attuate dall’attuale governo laburista, stanno consolidando un interesse comune tra questi gruppi. I partiti di Westminster hanno impoverito i più svantaggiati e i giovani laureati e hanno cercato di dare la colpa alle persone razzializzate, comprese quelle che non rientrano in queste altre due categorie sociali, fornendo loro una base comune per rovesciare lo status quo.
Quindi il potenziale c’è. Quello che manca è la capacità. Per quanto riguarda il potere popolare, partiamo da un livello molto basso. La vita sociale in Gran Bretagna, come in gran parte del Nord del mondo, è stata ridotta a un residuo. La vita associativa della classe operaia è stata distrutta; non solo i sindacati e le cooperative, ma anche le biblioteche, i pub, i club, le bande musicali, le squadre sportive. Sono sempre meno le persone che ricordano questa cultura politica del passato. La manifestazione più forte del potere popolare è stato il movimento operaio e la condizione principale che questo ha vissuto negli ultimi cinquant’anni è stata la sconfitta, il che naturalmente determina un atteggiamento difensivo. Come superare tutto questo? Beh, il potere popolare si basa sempre sulla densità. C’è un motivo per cui la fabbrica crea opportunità politiche per la sinistra; e lo stesso vale per i quartieri operai, intesi come luoghi in cui le persone si riuniscono in modo naturale. In Gran Bretagna, questo ha chiare implicazioni per la strategia elettorale a causa del sistema elettorale maggioritario secco. Non sono un sostenitore di questo sistema, ma è quello attualmente in vigore e dobbiamo lavorare al suo interno per il momento, il che ci obbliga a seguire una strategia di densità: radicare il nostro progetto in aree specifiche in cui questi tre gruppi socio-elettorali hanno una maggioranza qualificata.
Analizziamo le elezioni dello scorso anno, in cui i cinque candidati indipendenti che si sono presentati a sinistra del Partito Laburista hanno ottenuto seggi in Parlamento: un guadagno relativamente piccolo, ma anche storico, dato che dalla Seconda Guerra Mondiale c’erano stati solo tre parlamentari indipendenti a sinistra del Partito Laburista. La situazione a Islington North, dove Corbyn ha battuto il candidato laburista con un margine schiacciante, era in un certo senso sui generis, poiché il vincitore era un candidato con un profilo nazionale e una notorietà personale al 100%. Tuttavia, ha implicazioni più ampie, poiché ha mobilitato fino all’ultimo elemento di potere sociale a sostegno della campagna, proprio perché la gente lo vedeva come un’espressione della propria vita sociale. Ogni gruppo di giardinaggio, ogni chiesa, ogni moschea, tutte le sezioni sindacali della zona: tutti hanno riconosciuto che Corbyn era la loro incarnazione politica e quindi sono andati a votare per lui, quasi indipendentemente da ciò che pensavano delle politiche concrete.
Anche gli altri quattro candidati indipendenti hanno vinto in gran parte grazie al potere sociale reale delle loro comunità, che si basa in gran parte sulle moschee, anche se, naturalmente, molti non musulmani e musulmani non praticanti hanno anche fatto campagna e votato per loro. La gente va in moschea ogni settimana. È un luogo di socializzazione, un luogo di benessere, un luogo di orientamento morale. Quindi, anche se questi candidati indipendenti sarebbero i primi ad ammettere di non avere esperienza politica, di non aver presentato campagne ingegnose, forme di comunicazione innovative o un programma politico completo, hanno ottenuto la vittoria grazie a questa identificazione con il centro di potere della comunità, che ha contribuito a canalizzare il loro comune disgusto per il genocidio di Gaza, oltre ad altre questioni. Questo è proprio il motivo per cui l’establishment ha reagito con tanto spavento. Non si trattava solo di islamofobia, ma anche della terrificante consapevolezza che il potere popolare può eludere le strutture che dovrebbero neutralizzarlo.
Oliver Eagleton: Se la vostra ambizione è quella di creare un qualche tipo di legame vincolante tra un partito politico e forme più ampie di vita associativa, allora forse è necessario distinguere tra movimenti e istituzioni. I primi possono essere effimeri e amorfi, incapaci di creare forme durature di potere popolare in assenza dei secondi. Si potrebbe dire che, quando si tratta di questioni come il genocidio di Gaza, è il movimento che attiva le persone come soggetti politici, l’istituzione che traduce questa politicizzazione in potere popolare e il partito che sfrutta questo potere per influenzare lo Stato o conquistarlo. Il che mi porta a chiedermi: se la cultura istituzionale della classe operaia britannica è stata in gran parte distrutta nell’ultimo mezzo secolo, lasciando solo enclavi isolate, non stiamo forse perdendo un anello cruciale in questa sequenza? Come dovrebbe affrontare questo problema un nuovo partito di sinistra?
James Schneider: Dobbiamo costruire più istituzioni. Per me, questo è il compito strategico più importante per il partito e anche quello che normalmente si tende a trascurare. Oltre a rafforzare le manifestazioni di potere popolare, che sono sopravvissute tra le rovine del neoliberismo, dobbiamo crearne di nuove. Il numero di famiglie in affitto nel Regno Unito è di 8,6 milioni. Il numero di persone iscritte ai sindacati degli inquilini è di circa 20.000. Solo il 38% degli inquilini ha votato alle ultime elezioni. Se durante il periodo in cui Corbyn era alla guida del Partito Laburista avessimo deciso di bussare alle porte e organizzare gli inquilini, quanti leader proveniente dal movimento degli inquilini avremmo ora? Come avremmo potuto cambiare la coscienza della sinistra laburista, allontanandola dall’incoraggiare un partito parlamentare su Twitter e avvicinandola alla costruzione di istituzioni proprie e forti? Le stesse domande potrebbero essere poste su altre questioni. Con 600.000 membri laburisti, 450.000 dei quali di sinistra, avremmo potuto decidere che era una priorità politica organizzarci attorno alla questione X o Y. Se avessimo mobilitato anche solo il 10% di questi esponenti della sinistra, avremmo potuto creare nuove organizzazioni popolari: cooperative alimentari, sindacati di utenti dei servizi o gruppi di salute mentale. Avremmo potuto organizzare campagne per uno sciopero per il clima o per cercare di rendere effettivamente pubblici i servizi pubblici attraverso boicottaggi di massa. Le possibilità non mancano, e non spetta a me dire quali dovremmo privilegiare nei prossimi anni. Queste decisioni devono essere prese democraticamente da un partito politico di portata nazionale.
Se il nuovo partito passerà tutto il tempo a elaborare la perfetta politica di welfare per il nostro immaginario futuro tecnocratico di sinistra quando governeremo lo Stato, non arriverà da nessuna parte. Se questo nuovo partito si percepirà come un Partito Laburista 2.0, con una politica migliore di quella attuale, ma senza creare vie per una reale partecipazione popolare, sarà distrutto dalle forze che si oppongono a esso. Durante il periodo di Corbyn, ci siamo trovati intrappolati in una situazione in cui i membri del Partito Laburista erano spesso costretti ad aspettare che una manciata di persone al vertice prendesse le decisioni invece di diventare essi stessi attori e leader. Non possiamo ripetere quell’errore. Credo sia importante ricordare che, al di fuori dell’Europa e del Nord America, le riunioni politiche non sono noiose. Non sono noiose. Sono vivaci, partecipative e radicate nella cultu
ra popolare, circondate da musica, buon cibo e persino balli. La gente comune vi partecipa perché si sente parte di esse. Ci sono diversi modi di partecipare. E sono così perché il loro obiettivo è rafforzare i legami di solidarietà e unità affinché le persone possano uscire e partecipare alla costruzione del potere popolare.
Oliver Eagleton: Come dovrebbe agire il nuovo partito che stai immaginando per creare questo tipo di cultura politica non tradizionalmente britannica?
James Schneider: Nella Gran Bretagna contemporanea, l’establishment non ha nulla da dire: dice che tutto va fondamentalmente bene e che non bisogna parlare dei problemi realmente esistenti. Il blocco reazionario, dal canto suo, dice che tutto va male: non si riesce a ottenere un appuntamento nel servizio sanitario pubblico, gli alloggi sono inaccessibili, i salari sono diminuiti e la colpa di tutto questo è dei musulmani, degli immigrati e delle minoranze. Quando queste sono le uniche due narrazioni che ci vengono offerte, è probabile che vinca la seconda, perché almeno risponde ad alcune lamentele reali. Ma la verità è che attaccare le minoranze è di per sé una posizione minoritaria. Forse in Gran Bretagna esiste un certo razzismo diffuso, ma la maggior parte delle persone non passa la giornata a pensare a quanto odia gli stranieri, il che dimostra che c’è chiaramente spazio per costruire una narrativa diversa. Quello che dovremmo offrire invece è una «lotta di classe con il sorriso». Dobbiamo rifiutare tutte le ipocrisie della classe politica, dei media e dello Stato, poiché sono odiate dai cittadini, e a ragione. Dobbiamo creare conflitti invece di evitarli. Questo stile comunicativo è spesso definito populismo di sinistra. Implica tracciare una linea di antagonismo ampia e audace in cui c’è unità nella nostra fazione e divisione in quella avversaria. Questa linea di antagonismo è estremamente semplice: la causa dei nostri problemi sono i banchieri e i miliardari. Sono in guerra con noi, quindi noi entreremo in guerra con loro. Dobbiamo aspirare a sconcertare e indignare i media con uno stile politico combattivo, ma anche allegro. Dobbiamo organizzare incontri come quelli che ho descritto, con musica, cibo gustoso e gruppi di discussione, da cui le persone possano uscire con azioni chiare da intraprendere. Ciò significa, naturalmente, che il partito deve avere la sua base principalmente al di fuori di Westminster; non deve associarsi a tipi in giacca e cravatta che passano la giornata a mormorare ipocritamente davanti alle telecamere.
Il mio sogno è un brano che abbia lo stesso impatto di "Turn the Page", la prima canzone dellalbum di debutto dei The Streets, Original Pirate Material. Qualcosa che non hai mai sentito prima, ma che riconosci immediatamente; inconfondibilmente britannico e radicato nella vita quotidiana, dai pub ai marciapiedi. Un suono o, nel nostro caso, una politica, che mescola senza sforzo culture e tradizioni, ancorata alla classe e alla comunità, ma che avanza con sicurezza e stile. Abbiamo bisogno di abitare questo tipo di registro nazional-popolare. Per dirla in modo più teorico, l’efficacia di questo tipo di politica deriva dal liberare il potenziale progressista della dimensione «nazionale» della triade capitale-nazione-Stato. Su «Sidecar/Diario Red» avete pubblicato alcune settimane fa un breve e stimolante articolo di Dylan Riley intitolato «Lenin negli Stati Uniti», che, seguendo Gramsci, sosteneva che Lenin oggi cercherebbe un «rapporto produttivo e creativo con la specifica cultura politica rivoluzionaria nazional-democratica in cui si opera». La sinistra britannica deve pensare in questa direzione.
Oliver Eagleton: Hai citato la Colombia come modello, ma pensiamo per un momento alle differenze storiche e contestuali. Lì c’era uno Stato dominato da due partiti principali, i liberali e i conservatori, che per decenni hanno collaborato con gli Stati Uniti per mantenere il Paese in una situazione di dipendenza periferica, escludendo dal potere i settori popolari. Di conseguenza, molti di questi settori erano in gran parte esclusi dai processi di accumulazione economica e di partecipazione politica, il che ha contribuito a creare alcune tradizioni autonome di lotta: movimenti guerriglieri, che controllavano gran parte delle zone rurali, campagne contro l’estrattivismo, gruppi che difendevano i territori indigeni. Petro è riuscito a unificare molte di queste forze nel suo progetto elettorale, portando gli emarginati – i «don nadie», come venivano affettuosamente chiamati – al cuore del governo. In Gran Bretagna, al contrario, il problema di lunga data è stato non l’esclusione popolare ma l’assimilazione popolare. Il Partito Laburista è stato tradizionalmente uno strumento per sussumere la classe operaia nello Stato e riconciliarla con l’imperialismo, il che ha reso la nostra cultura di lotta popolare meno attiva, le nostre riunioni di sinistra più noiose e la base organica per questo tipo di politica di massa molto più debole.
La leadership di Corbyn ha fatto una valutazione sobria di queste condizioni. Il suo obiettivo non era necessariamente quello di dare potere alla «base» e sperare che lo portasse alla vittoria. Si trattava piuttosto di approfittare di una situazione di crisi politica, conquistare il potere statale e attuare un programma di riforme non riformiste che, a sua volta, galvanizzasse ampi settori della popolazione, rafforzando i lavoratori, gli inquilini, i migranti, ecc. Questo approccio, in cui la politica dall’alto precede la politica dal basso, non è stato semplicemente un errore strategico. Era un riflesso della nostra particolare situazione storica e delle possibilità politiche che essa generava. Si potrebbe sostenere che quelle stesse condizioni hanno anche determinato il modo in cui si è sviluppato finora il piano per creare un nuovo partito di sinistra, il che ha comportato il processo decisionale da parte di uno strato relativamente piccolo di operatori politici, che sperano, non senza ragione, di utilizzare le vittorie elettorali per stimolare lotte più ampie.
James Schneider: La spiegazione che offri è nel complesso corretta e aiuta a capire perché la coscienza predominante nella sinistra britannica sia altamente elettoralistica. Non sono contrario a vincere le elezioni o a entrare nel governo. Credo che sia essenziale. Ma ci sono due ragioni per cui questo può e deve essere combinato con altri processi di costruzione politica fin dall’inizio. In primo luogo, la sussunzione della classe operaia britannica non solo attraverso il Partito Laburista, ma anche attraverso i sindacati durante il periodo corporativista, non è mai stata totale: ci sono sempre state rivolte popolari e focolai di resistenza. Esistono quindi tradizioni radicali su cui costruire. In secondo luogo, ci stiamo avvicinando alla fine di un’offensiva capitalista durata decenni, il cui obiettivo era quello di distruggere tale resistenza, cosa che è stata in parte raggiunta attraverso la sussunzione, ma principalmente attraverso la forza bruta: l’esclusione violenta delle masse sia nel Nord che nel Sud del mondo, come testimoniano i minatori britannici a cui venivano spaccate le teste e i militanti di sinistra argentini gettati dagli elicotteri. Quello a cui assistiamo oggi è che questa offensiva sta iniziando a rallentare, non a causa dell’opposizione esterna, ma per i suoi stessi limiti interni: l’incapacità degli Stati Uniti di frenare lo sviluppo sovrano della Cina, soprattutto dopo il 2008, e la crescente pressione sulle risorse con l’accelerarsi della crisi ecologica. Questo crea un’opportunità vitale per un partito di sinistra.
Ma non possiamo limitarci a ripetere il corbynismo in questo contesto. Non siamo alla guida di un partito di governo e non abbiamo alcuna possibilità di diventarlo nel prossimo futuro. Pertanto, quella scommessa esclusivamente elettoralistica, che è già stata sconfitta in passato, è ancora meno praticabile ora. Il numero di persone che erano consapevoli della strategia 2015-2019 così come la descrivi era anche molto limitato: solo una manciata di membri del gabinetto ombra e di consulenti di alto livello l’avrebbero articolata in questo modo. La logica del socialismo parlamentare è rimasta praticamente intatta. Credo che abbiamo bisogno di un cambiamento fondamentale nella nostra visione strategica per creare un consenso nella sinistra che riconosca l’importanza del potere popolare.
Se vuoi un esempio negativo, puoi guardare al Partito dei Verdi. Il loro approccio consiste nello scegliere i propri candidati per ricoprire cariche pubbliche in modo che possano usare il loro profilo per difendere politiche progressiste. Secondo i loro stessi termini, hanno avuto un certo successo, poiché hanno eletto un deputato nel periodo 2019-2024 e quattro da allora, oltre a molti consiglieri comunali. Ma quale impatto hanno avuto sulla coscienza pubblica? Praticamente nessuno. Extinction Rebellion e Fridays for the Future hanno avuto un effetto molto più tangibile sulla politica ambientale di massa. L’approccio «matematicisticoo» dei Verdi, secondo cui più rappresentanti eletti ci sono meglio è, ha duecento anni e risale all’epoca delle rivoluzioni liberali, quando il dibattito pubblico si svolgeva nei parlamenti e nelle assemblee di recente formazione, dove i numeri contavano davvero. È del tutto inadeguato per il decennio attuale. Il portavoce più importante del partito non è nemmeno un deputato. Ultimamente si sentono dire cose del tipo: «Insieme ai Verdi, un partito di sinistra potrebbe mantenere l’equilibrio di potere a Westminster». È lo stesso tipo di sciocchezze autoillusorie che alcuni membri del Socialist Campaign Group ripetono da anni: «Se restiamo nel Partito Laburista e teniamo la testa bassa, forse potremo mantenere l’equilibrio di potere». E cosa è successo?
Oliver Eagleton: Si tratta di un modello liberale di fronte popolare, che implica implicitamente l’impegno della sinistra a sostenere il corrispondente governo laburista, il che sarebbe un suicidio morale e politico. Ma soffermiamoci un attimo sulle lezioni del corbynismo: la maggior parte delle persone ha riconosciuto che una delle ragioni principali della sua sconfitta è stata la mancanza di una solida base sociale, che ha reso difficile la lotta contro le campagne di diffamazione e il sabotaggio politico a cui è stato sottoposto. Ma dopo il 2019, molte di queste persone si sono dedicate a «costruire la base» in modo slegato da qualsiasi infrastruttura nazionale più ampia, il che ha portato a una serie di iniziative disparate – un sindacato comunitario qui, un gruppo di azione diretta là – che il governo in carica ha per lo più ignorato o represso.
Ora è ampiamente accettato che sia necessaria una sintesi tra organizzazione elettorale e organizzazione popolare, come dici tu, ma non c’è ancora consenso sulla forma che questa dovrebbe assumere. Si è discusso molto se questa nuova organizzazione debba essere un partito fin dall’inizio o se debba iniziare come un’alleanza elettorale. I sostenitori di quest’ultima opzione sostengono che la frammentazione della sinistra britannica, e della vita sociale britannica nel suo complesso, rende necessaria una struttura di coalizione, in grado di abbracciare le lotte locali e sostenere i leader comunitari che, pur non identificandosi esplicitamente con «la sinistra», condividono in linea di massima la nostra politica. Tuttavia, allo stesso tempo, una coalizione poco coesa rischia di istituzionalizzare la frattura della sinistra invece di ripararla. Qual è la tua posizione al riguardo?
James Schneider: Non sono favorevole a nessuna delle due posizioni, almeno non nella loro versione estrema. Da un lato, si corre il rischio di avere un Labour «riscaldato», con politiche migliori, ma con una forma di partito simile, la cui priorità principale è trovare candidati da presentare alle elezioni locali. Dall’altro, il pericolo è quello di finire con una coalizione di indipendenti senza una direzione precisa, che non offre alcuna prospettiva di governo per provocare un cambiamento reale. Nessuna di queste opzioni costruirà un potere autentico nella società.
Nel libro che ho scritto dopo la sconfitta di Corbyn nel 2019, Our Bloc: How We Win (2022), sostenevo la necessità di una federazione dei movimenti, delle organizzazioni strutturate e delle forze esistenti della sinistra, che potesse fungere da blocco iniziale per costruire un progetto più ambizioso. Oggi è ancora perfettamente plausibile che un’organizzazione federata di questo tipo possa svolgere questo ruolo: gettare le basi per i diversi tipi di costruzione politica che ho menzionato in precedenza. Ma, da un lato, sarebbe ancora necessaria una struttura decisionale unificata per poter stabilire qualsiasi tipo di struttura più ampia, sia essa federale, confederale o centrale. Optare per una coalizione piuttosto che per un partito non cambierebbe il fatto che prima è necessario che le persone si incontrino, si uniscano e si mettano d’accordo sulle linee di base, e finora questo non è avvenuto. Non c’è nemmeno alcun motivo per cui un partito non possa rispettare posizioni diverse, con tendenze diverse e pluralismo interno. Un marchio politico locale già esistente dovrebbe poter continuare a funzionare con un alto grado di autonomia, se lo si desidera. Si tratta, francamente, di questioni di secondaria importanza, che possono essere risolte una volta stabiliti i canali deliberativi adeguati.
Il mio modello preferito sarebbe una struttura in cui la strategia sia affidata ai membri e la tattica alla direzione. Le questioni strategiche importanti – quale tipo di costruzione del potere sociale privilegiare, come distribuire le risorse tra gli attivisti di tutto il paese, quale tipo di istruzione e formazione politica fornire, quale deve essere il contenuto del programma politico – sarebbero decise collettivamente. Le tattiche, ovvero come realizzare questi obiettivi strategici, possono essere determinate in larga misura dagli organizzatori o dai politici in prima linea. Affinché ciò funzioni, dovrebbe esserci un sistema di leadership collettiva, che potrebbe assomigliare al seguente: una lista di dodici o quindici leader presenterebbe una proposta strategica e forse anche una proposta politica, che sarebbe sottoposta ai membri, i quali esprimerebbero voti per la loro strategia preferita e i relativi candidati. Ciò darebbe luogo a un comitato nazionale composto da leader di diverse liste, che sintetizzerebbero le varie proposte e le sottoporrebbero alla conferenza dei membri, dove potrebbero essere approvate, modificate o respinte. Il comitato eleggerebbe anche persone per diverse funzioni nazionali: il nostro portavoce principale, il nostro organizzatore principale, il nostro collegamento con i movimenti progressisti, il nostro direttore del partito, ecc. In questo modo, ci sarebbero ancora persone in posizioni di leadership identificabili, ma non si tratterebbe solo di una gara di popolarità. Si creerebbe uno strato di leader in grado di prendere decisioni agili e tattiche, ma si promuoverebbe anche la partecipazione popolare trasformando la strategia in uno sforzo collettivo.
Oliver Eagleton: Se un’organizzazione di sinistra fosse stata lanciata prima, si sarebbero potute sfruttare diverse opportunità politiche emerse di recente. A livello delle élite, si sarebbe potuto approfittare della decisione presa da Starmer lo scorso luglio di sospendere sette deputati, tra cui Sultana, dal gruppo parlamentare laburista, magari convincendo altri membri dello stesso a lasciare la nave. A livello di massa, si sarebbe potuta organizzare una risposta unitaria della sinistra alla crescente ondata di violenza razzista incitata sia da Starmer che da Farage. Perché, secondo te, il progetto ha tardato così tanto a vedere la luce?
James Schneider: Ci sto lavorando da circa un anno e credo che ci siano fattori strutturali che rendono difficile il lancio di qualsiasi iniziativa: non solo del tipo specifico di partito di sinistra che ho difeso, ma di qualsiasi tipo di partito di sinistra. Come ho già detto, tutto si riduce alla questione del processo decisionale. Quali decisioni sono legittime? Chi può prenderle e chi può attuarle? Si tratta di un dilemma simile a quello dell’uovo e della gallina: non si possono prendere decisioni finché non si dispone di una struttura, ma per avere una struttura bisogna prendere decisioni. In altre situazioni equivalenti, questo problema viene aggirato in tre modi.
Il primo è l’intervento di un iperleader. Jean-Luc Mélenchon dice: «Il Parti de Gauche non funziona, costituirò La France Insoumise», ed è quello che succede. La gente lo segue. In Gran Bretagna non abbiamo questo tipo di figura. Abbiamo una sorta di iperleader in Jeremy, una persona la cui autorità morale e politica è superiore a quella di chiunque altro, ma lui non agisce in questo modo. Non è nel suo stile.
Il secondo è un’organizzazione strutturata preesistente con una capacità decisionale disciplinata. Potrebbe essere un sindacato o un movimento politico. In Sudafrica, Abahlali baseMjondolo, un movimento di persone che vivono in baraccopoli informali, conta 180.000 membri presenti in centodue insediamenti e sta effettuando occupazioni di terreni in quattro province. Ho partecipato alla sua assemblea generale, mentre osservavo le elezioni in Sudafrica lo scorso anno, e ho assistito alle discussioni sulla creazione di un proprio strumento elettorale. Possono utilizzare i loro meccanismi democratici esistenti, che consentono di prendere decisioni, contestarle e revocarle nell’ambito di un processo aperto in cui tutti conoscono la propria posizione. Anche questo manca in Gran Bretagna.
La terza soluzione è un piccolo gruppo di persone molto affiatate e politicamente avanzate, in grado di prendere decisioni collettivamente. Nel corso della storia ci sono stati molti partiti comunisti formati da una dozzina di persone sedute attorno a un tavolo, che in breve tempo sono diventati organizzazioni di massa. Ma qui i dibattiti avvengono tra persone con background e priorità molto diverse, che non hanno questa visione collettiva.
Come risultato di questi tre fattori strutturali, emerge un altro fattore contingente, che assume grande importanza. In realtà, è il fattore determinante, anche se cronologicamente successivo agli altri. Si tratta della questione delle personalità. In momenti di insufficienza collettiva come questo, i problemi individuali passano in primo piano. Ciò diventa molto più decisivo in condizioni di paralisi oggettiva. Ma ora, fortunatamente, sembra che stiamo facendo progressi. Nonostante questi ostacoli, sta prendendo forma un nuovo partito, perché sia la necessità politica che la pressione esterna sono schiaccianti. Non si può non costruire un nuovo partito, quando questo partito, che non ha ancora un nome, è già alla pari con il partito al governo nei sondaggi. Succederà in un modo o nell’altro.
Oliver Eagleton: Quali sono i piani per il lancio ufficiale, ora che Corbyn e Sultana hanno annunciato questa conferenza?
James Schneider: In realtà, purtroppo, il partito è già stato lanciato, anche se non esiste ancora. Ci è stato negato un lancio accuratamente pianificato, ma possiamo conviverci. Quello che dobbiamo fare ora è minimizzare l’importanza del fattore umano contingente, creando un tipo diverso di autorità sovrana: un organo che abbia il potere di guidare il processo. In pratica, questo si traduce in questa conferenza democratica. Può occuparsi di creare un comitato che abbia una reale legittimità nel processo decisionale. Tutte le persone che si iscrivono come membri del partito dovrebbero avere pieno diritto di partecipare. La conferenza dovrebbe riunire tutti, con strutture ibride e votazioni completamente online. Potrebbe scegliere un direttivo collettivo di cui ci si fida per sviluppare l’organizzazione nel corso del prossimo anno e poi potremmo sviluppare strutture e culture che consentano di prendere decisioni più significative. Niente di tutto questo sarebbe perfetto. In realtà, sarebbe ben al di sotto dell’ottimale, poiché significa fondamentalmente costruire l’auto mentre si guida. Si potrebbero commettere errori di ogni tipo, che potrebbero avere ripercussioni in futuro. Ma almeno questo approccio accelererebbe il processo. Offrirebbe qualche speranza in un momento politico in cui questa scarseggia disperatamente. E questo sarebbe qualcosa di molto significativo.
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Oliver Eagleton è membro e redattore associato della «New Left Review» e autore di Starmer Project: A Journey to the Right (2025).