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scienza e politica

  • Immagine del redattore: a cura di Gianfranco Pancino
    a cura di Gianfranco Pancino
  • 4 dic
  • Tempo di lettura: 9 min

Aggiornamento: 5 dic

Intervista a Antonello Pasini autore de <<La sfida climatica>> (Codice Edizioni, 2025)


Michele Podesto
Michele Podesto

L’intervista esplora il ruolo della scienza nel dibattito sul cambiamento climatico e nel rapporto con la politica, la società e le nuove generazioni a partire dal libro di Antonello Pasini <<La sfida climatica>> (Codice Edizioni, 2025). L'autore sottolinea come la crisi climatica richieda una risposta multilaterale e di lungo periodo, ostacolata oggi dall’ascesa dei nazionalismi e da un approccio politico concentrato sulle emergenze immediate. Viene messo in luce il valore della “spinta dal basso”, cioè l’azione dei cittadini e soprattutto dei giovani, considerata decisiva sia per alimentare una cultura scientifica diffusa sia per sollecitare scelte politiche più ambiziose.

L’intervista affronta inoltre lo stallo nell’istituzione del Consiglio Scientifico Clima e Ambiente, promosso da Scienza al Voto, e la difficoltà della politica italiana nel dare priorità alla questione climatica. Pasini evidenzia l’importanza di un dialogo trasversale tra scienza e politica e mette in guardia contro pratiche di greenwashing che distorcono le reali necessità di intervento.

Viene affrontato anche il tema dell’educazione e del coinvolgimento dei giovani: dalla partecipazione ai movimenti climatici alla necessità di introdurre corsi interdisciplinari sul clima nelle università. L’intervista si chiude con una riflessione più ampia: il cambiamento climatico non è solo una sfida scientifica, ma anche filosofica, politica e comunicativa, che richiede una revisione del nostro modo di stare nel mondo e di immaginare il futuro.



GP: Nel suo discorso dell'otto ottobre, la direttrice generale del FMI, Kristalina Georgieva, non ha mai pronunciato la parola "clima". Gli Stati Uniti, sotto la presidenza Trump, si sono ritirati dal trattato di Parigi, il loro Dipartimento dell'Energia sta operando per favorire lo sviluppo delle energie fossili. Al vertice per il clima del 24 settembre l'Unione Europea non ha presentatoalcun obiettivo fisso per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, ma una semplice dichiarazione d'intenti. Quali prospettive si possono immaginare per la lotta contro il cambiamento climatico in questa fase?


AP: è ovvio che se guardiamo tutto questo le prospettive non sono rosee. Il cambiamento climatico è un problema globale che necessita del multilateralismo per una sua soluzione. È ovvio che i paesi industrializzati sono i primi a dover agire, perché hanno la responsabilità storica della situazione attuale. Comunque dobbiamo salire tutti sulla stessa barca, anche le economie emergenti, quindi ci vuole una visione multilaterale come è venuta fuori dopo la seconda guerra mondiale sostanzialmente dall'ONU. Il problema è che adesso siamo in preda a una sorta di egoismo spazio-temporale, perché i nuovi sovranismi guardano all'interno delle proprie frontiere, quindi al benessere della propria nazione o anche soltanto delle proprie classi superiori. Quindi a qui e a ora, senza pensare alle future generazioni. Come diceva Groucho Marx, perché dovrei preoccuparmi delle future generazioni se loro non hanno fatto niente per me? Purtroppo siamo in un momento in cui il sovranismo va contro a quella che è la soluzione multilaterale che deve essere adottata per un problema come questo. Guardare soltanto all'interno è una visione miope, nel senso che spesso e volentieri si cerca di avere tutto subito, risolvere alcune emergenze attuali senza guardare la crisi di lungo periodo che invece potrebbe essere aggravata dalla soluzione maldestra proprio di queste emergenze attuali. Prendiamo soltanto l'esempio dell'Italia che vuole diventare un hub del gas col piano Mattei in l'Africa: questo vuol dire in qualche modo porre un freno alla mancanza del gas russo, ma in questo modo noi continuiamo a bruciare un combustibile il cui consumo aggrava la situazione climatica di lungo periodo. Una crisi che poi, io dico sempre, non ha colore perché impatta su tutte le visioni del mondo quelle di destra, di centro e di sinistra e quindi, ecco, è una situazione problematica. In questo momento è chiaro che la spinta dal basso deve fare molto, cioè ognuno di noi deve innanzi tutto prendere coscienza del problema perché magari così si comincia a cambiare direttamente il proprio stile di vita, ma da solo ovviamente non vai da nessuna parte, devi metterti in gruppo: di risparmio energetico, consumo sostenibile, produzione distribuita di energia. Oggi si parla molto di queste comunità energetiche che fanno comunità e insieme tendono a dare un contributo per la soluzione del problema. Inoltre, occorre anche spingere dal basso i nostri politici perché siano più sensibili a problemi di questo tipo. Sono problemi che vanno al fuori dello spazio temporale della legislatura e quindi devono avere qualcuno che li aiuti nell’affrontarli: da una parte i giovani e dall'altra gli scienziati perché entrambi abbiamo questa visione di lungo periodo: i giovani perché hanno tutta la vita davanti; noi perché siamo abituati a convivere con questi sistemi complessi, sappiamo qual è la loro dinamica e sappiamo che soluzioni attuali maldestre possono aggravare tantissimo la crisi climatica di lungo periodo.


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GP: Veniamo appunto ai politici di cui stai parlando. Il 23 sett 2022, sotto l'impulso di Scienza al Voto, la grande maggioranza dei partiti politici ha sottoscritto un accordo per istituire un Consiglio Scientifico Clima e Ambiente. A tre anni di distanza il Consiglio non è stato ancora creato. Come giudichi questo ritardo?


AP: Lo giudico ovviamente come un'inerzia della politica a risolvere problemi di questo tipo, ma anche a trovare una soluzione che sia trasversale perché noi a quello confidiamo. Come citavo prima, io dico sempre che il clima non ha un colore politico perché influisce su tutti. Quando parlo con un politico di destra, che magari è più incline alla competitività e al libero mercato, io gli faccio vedere che con gli scenari climatici peggiori il PIL crollerà. Quando parlo con un politico di sinistra, che è più incline alla redistribuzione del reddito e a limare le diseguaglianze, gli faccio vedere che con gli scenari climatici peggiori invece le disequità a livello mondiale, ma anche all'interno della singola nazione, diventerà ancora più grande. Ecco quindi che c'è questa necessità di mettersi intorno a un tavolo e a fare qualche cosa, uno zoccolo duro di azioni per risolvere tutti insieme un problema che va a impattare tutte le visioni future di qualsivoglia parte politica. Anche questo dire continuamente che il cambiamento climatico è un problema ideologico va purtroppo nel senso di uno scontro frontale con una polarizzazione enorme, e questo ovviamente è assolutamente negativo.


GP: Appunto La Scienza al Voto ha fatto la scelta di sfidare la politica istituzionale ad assumere la priorità climatica. Tuttavia l'Italia fa parte dei paesi che frenano l'obiettivo di riduzione dei gas di serra del 90% per il 2040. Qual è il vostro bilancio e quali saranno le prossime iniziative per sbloccare questa situazione?


AP: Il bilancio è in parte positivo e in parte negativo. Siamo riusciti per esempio a presentare un progetto di legge, aiutati da costituzionalisti, da amministrativisti, da giuristi di grande peso, che, in un'audizione alla Camera che ho fatto un annetto fa, ha avuto un successo a livello trasversale. Ora però c'è un problema di fondo: l'ho presentato in Commissione Ambiente della Camera, ma in Commissione Ambiente del Senato si sta discutendo una legge clima che in realtà si sta istruendo per modo di dire in quanto non è mai stata calendarizzata, probabilmente in quanto presentata dall’opposizione. C'è un regolamento parlamentare, per cui due rami del parlamento non possono parlare dello stesso argomento, per cui, in questo momento, siamo in una situazione di stallo. Quindi da un lato dei risultati positivi ci sono stati perché siamo riusciti a parlare con tutti e andare avanti. Adesso però c’è una situazione di stallo, dovuta al fatto che probabilmente i politici di entrambe le fazioni hanno priorità diverse. Questo Consiglio evidentemente non è sentito come priorità. Invece dovrebbe esserlo, tanto più che non è che stiamo dicendo ai politici cosa devono fare, non è che vogliamo prendere il loro posto, perché giustamente chi deve gestire la cosa pubblica deve avere le competenze per farlo. Io non ce le ho come scienziato. Però, noi scienziati possiamo sicuramente quantificare l’efficacia delle azioni da intraprendere, siamo bravi a fare i conti e possiamo fornire un ventaglio di strumenti che siano efficaci per affrontare il problema del cambiamento climatico. Attenzione, perché ci sono tante cose che vanno nel giusto verso per il green, ma alcune cose pesano e sono efficaci, altre non pesano e quindi sono greenwashing. Quindi noi possiamo presentare un ventaglio di soluzioni scientificamente fondate e ovviamente quali scegliere rimane compito della politica. Come dire: noi facciamo il nostro lavoro, poi voi dovete fare il vostro.


GP: Negli ultimi anni in Francia si sono sviluppate molte iniziative ambientaliste dal basso. Non pensi che sia opportuno rivolgersi alla società più che al mondo politico?


AP: Penso che vadano fatte entrambe le cose. La società è, come dicevo prima, quella che deve prendere coscienza, e infatti uno dei punti che occorre mettere in agenda per agire nella giusta direzione è quella della spinta dal basso. La spinta dal basso è fondamentale: lo dico anche in questo mio ultimo libro (1), in cui faccio vedere l'esempio della Cina. Io sono stato là nel 2007-2008 perché ero il responsabile delle previsioni meteo-ambientali sul villaggio olimpico. C'erano le olimpiadi, e i cinesi hanno appaltato a noi questo lavoro. Quindi ho avuto possibilità di leggere i giornali, ovviamente scritti in inglese, di parlare con i colleghi. Vedevo che tutti i giorni c'era un occhiello in prima pagina su un problema ambientale e due paginoni nel compartimento interno, in un paese dove c'è la censura. Parlando con i colleghi, chiedevo: com'è possibile? Qui c’è la censura! In realtà, c'è stata una spinta dal basso molto forte, la gente non ce la faceva più, si moriva d'inquinamento, s'imponeva la mascherina a Pechino contro lo smog. I capi del partito hanno capito che così non si poteva andare avanti, bisognava dare una svolta. Dopodiché a un certo punto è arrivato Trump negli Stati Uniti e loro si sono buttati a capofitto sulle rinnovabili. E adesso, quando sento dire: ma noi Europa siamo l'8% e la Cina non fa niente, dico che questo è assolutamente un alibi. La Cina sta facendo più di qualsiasi altra nazione per la rivoluzione delle rinnovabili. Ecco, vorrei dire questo: se lì la spinta dal basso ha fatto veramente tanto, cosa può fare la spinta dal basso nei paesi democratici? Io credo che sia assolutamente fondamentale. Quindi, passando o non passando per i partiti, questa è un'azione che probabilmente potrebbe smuovere le cose. Certo, bisogna riprendere quelle frange di studenti che sono interessati a questo. Però, l'interesse sta montando. È vero che anche i Fridays sono un po' in reflusso, però c'è un interesse forte perché i giovani capiscono che ne va del loro futuro.


GP: Voi scienziati come pensate di entrare in contatto con questi giovani e incoraggiare iniziative dal basso?


AP: Certo, questo noi in qualche modo lo facciamo tutti i giorni, nel senso che molti di noi fanno un'attività di educazione nelle scuole, ma non soltanto, anche con i movimenti giovanili. Io stesso, per esempio, sono stato l'unico adulto a parlare dal palco di Piazza del Popolo quando è venuta Greta nel 2019. Il giorno prima è andata in Senato a dire: scusate, io vengo qui a bastonarvi, a dirvi delle cose che non volete sentire e voi volete fare i selfie con me. Poi il giorno dopo c'è stato l'incontro con i ragazzi e devo dire, loro mi vogliono molto bene. Tornando al Consiglio scientifico che si dovrebbe istituire, ci sarà tutta una parte di connessione con la popolazione, con eventualmente didattica e tutorial, affinché si possa sentire una fonte autorevole nel marasma mediatico attuale. Vorrebbe essere non soltanto un punto di riferimento. Si tratterebbe infatti di un organismo di consulenza per il governo e il Parlamento, ma anche per i singoli cittadini. Un punto di riferimento, una voce importante che aiuti a evolvere nella conoscenza il governo e il Parlamento, ma anche l'intero Paese.


GP: Intervenite anche nelle università?


AP: Alcuni di noi sono universitari, io sono CNR. Diciamo che si cerca di costituire dei corsi che siano trasversali alle varie facoltà. Io insegnavo fino all'anno scorso fisica del clima all'ultimo anno della magistrale in fisica, un corso estremamente specialistico, assolutamente non fruibile da altre facoltà della stessa università. Adesso si comincia a pensare a fare dei corsi che siano attingibili da altri curricula, di giurisprudenza, scienze ambientali, biologia, geologia, ovviamente tutte le facoltà STEM, ma anche al di fuori. Questo ovviamente è importante perché gli intellettuali di domani devono avere comunque una formazione anche di questo tipo. Tra l'altro, in questo nuovo libro, io faccio vedere come tutti i problemi partano dalla complessità del sistema clima, perché noi non siamo abituati a risolvere problemi in un ambito complesso, ma tendiamo solo a risolvere l'emergenza attuale: c'è un buco qui? Lo tappo e penso di aver risolto tutto. In un sistema complesso, invece, qualche volta se tappi il buco qui ti si apre una voragine dall'altra parte.


GP: Hai qualcosa da aggiungere a queste osservazioni?


AP: Abbiamo parlato un po' di tutto. Diciamo che nel libro c'è anche la parte filosofica, cioè come dobbiamo porci noi nel mondo, non come padroni del mondo, ma come un anello della rete di relazioni che ci relaziona non soltanto con la natura, ma anche con gli altri umani sulla Terra. Il cambiamento climatico si appalesa come una sfida scientifica, ovviamente, perché devi studiare il sistema complesso con nuove tecniche, ma è anche una sfida filosofica e di visione del mondo, una sfida comunicativa, una sfida politica e poi c’è una sfida del che fare, perché sia che vinciamo o non vinciamo queste sfide precedenti, bisogna comunque (pragmaticamente) agire in qualche modo, serio ed efficace. "La sfida climatica. Dalla scienza alla politica: ragioni per il cambiamento". Codice edizioni di Torino.



Antonello Pasini: Fisico climatologo del CNR, docente di Fisica del clima all’università Roma Tre.

Si occupa in particolare di elaborare e applicare modelli matematici nell’ambito dello studio del clima, con lo scopo principale di individuare le cause dei cambiamenti climatici a scala globale e regionale, e per studiare gli impatti a scala regionale e locale. È autore di numerosi articoli su riviste internazionali e ha pubblicato vari libri divulgativi. La sua opera più recente è "La sfida climatica. Dalla scienza alla politica: ragioni per il cambiamento", 2025. Codice edizioni. Torino.

È autore del primo blog italiano sul clima, Il Kyoto fisso, pubblicato dal 2007 al 2012 su Il Sole 24 ore e ora (dal 2012) pubblicato sulle pagine web di Le Scienze (edizione italiana di Scientific American). Il blog ha vinto il Premio nazionale di divulgazione scientifica nel 2016.

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