scienza e politica
- a cura di Gianfranco Pancino

- 28 ott
- Tempo di lettura: 5 min
# 6. Gli Ambulatori popolari gratuiti: una rete alternativa di cura e lotta per la salute. L’esperienza del ‘laboratorio’ di Ponticelli

Da circa un anno e mezzo, il Laboratorio di partecipazione – Ponticelli di cura riunisce pazienti, operatrici sanitarie e abitanti del quartiere di Ponticelli (Napoli) in un percorso partecipativo volto a leggere i bisogni del territorio e promuovere azioni condivise per la salute. Il progetto nasce nell’ambito della Sperimentazione di Cure Primarie di Ponticelli, ispirata ai principi della Primary Health Care e finalizzata a costruire un modello di cura integrato, multidisciplinare e partecipato.
Il laboratorio assume una prospettiva critica e politica della salute, riconoscendola come diritto collettivo e frutto di relazioni solidali, non di logiche di profitto o gerarchie medico-paziente. A Ponticelli, contesto segnato da forti disuguaglianze sociali e sanitarie, la partecipazione diventa strumento di empowerment comunitario e di “salute dal basso”.
Attraverso attività come focus group, mappature partecipate e progetti di rigenerazione urbana (tra cui la riqualificazione di un parco pubblico), il gruppo ha attivato iniziative di socialità e benessere — come il Gruppo di camminata, il Gruppo di lettura e collaborazioni con l’orto urbano locale — con l’obiettivo di rafforzare i legami di comunità e riscoprire la cura come pratica collettiva e trasformativa.
Da circa un anno e mezzo, come gruppo misto composto da pazienti, operatrici sanitarie e abitanti del territorio di Ponticelli, stiamo portando avanti un processo partecipativo volto alla lettura dei bisogni del quartiere e alla costruzione di azioni condivise per la promozione della salute. Il gruppo, che si riunisce nella forma di “Laboratorio di partecipazione - Ponticelli di cura” è stato promosso dalla Sperimentazione di Cure Primarie di Ponticelli, una collaborazione tra la medicina generale e il privato sociale, con l’obiettivo di favorire il coinvolgimento attivo della popolazione. La Sperimentazione si ispira ai principi della Primary Health Care di tipo “comprensivo”, e tenta di costruire un modello di cura integrato, multidisciplinare, multisettoriale e partecipato. Questa impostazione “sperimentale” nasce dal desiderio (e dalla necessità) di portare all’interno di un servizio dell'Azienda Sanitaria Locale (ASL) - come la medicina generale - un approccio maturato negli anni attraverso esperienze di autogestione nei collettivi, negli ambulatori popolari e in altri spazi di attivismo per la salute. Per il momento infatti nonostante nella Sperimentazione ci lavorino attori istituzionali, non viene riconosciuta dall’ASL in tutte le sue attività di partecipazione e promozione della salute, che sono pertanto rimaste su base volontaria. In questo senso, il nostro lavoro rappresenta un tentativo concreto di adottare una prospettiva critica, che riconosce il potere come una variabile centrale nella ricerca, nella politica e nella programmazione sanitaria.
Il quartiere dove è nata la Sperimentazione è Ponticelli — periferia est di Napoli — un quartiere in cui le difficoltà legate a carenze nei servizi e nei trasporti, all’elevata densità abitativa e alla forte presenza di disoccupazione e povertà si traducono in una qualità e aspettativa di vita significativamente inferiori rispetto ad altri contesti cittadini.
Un territorio dove le disuguaglianze in salute sono così evidenti che impongono una revisione radicale della pratica di cura in connessione con le istanze di trasformazione dell’esistente.
Gli anni di attivismo all’interno degli ambulatori popolari e nei percorsi di autogestione ci hanno infatti insegnato ad inquadrare le problematiche di salute a partire dai determinanti sociali da cui derivano, a organizzare i servizi in base ai bisogni e a trovare le soluzioni con chi vive quei bisogni quotidianamente, mettendo in discussione l’autorità del sapere medico e il rapporto gerarchico medico-paziente.
Riconoscere che la salute e la malattia non sono dominio esclusivo della biomedicina significa valorizzare quei saperi che agiscono oltre il corpo fisico e che, in una prospettiva interdisciplinare, tengono presente la complessità della persona e del contesto sociale, politico e culturale. Nel nostro lavoro di équipe all’interno della Sperimentazione di Cure Primarie, questa tensione si traduce nella costruzione di un percorso animato da diverse figure professionali — non solo sanitarie, ma anche psicologiche, antropologiche e sociali — che operano in rete con i servizi socio-sanitari del territorio (strutture intermedie, ospedali, pediatria di base, centro di salute mentale, ambulatori specialistici per patologie croniche, strutture riabilitative per adulti e bambini). In un processo di confronto continuo tra noi, i servizi di salute e chi ne usufruisce.

La partecipazione viene spesso utilizzata come metodo per migliorare l’efficacia o l’accesso ai servizi. Nel nostro percorso abbiamo piuttosto osservato le forme che rafforzano i legami tra le persone al fine di promuovere “la salute dal basso”. Il processo partecipativo che stiamo costruendo vuole rompere con la tradizionale relazione medico-paziente, attivando invece un coinvolgimento reale delle comunità nella costruzione condivisa della salute stessa: non più oggetti della scienza e utenti dei servizi di salute ma soggetti attivi dei processi di cura.
La dimensione etica di questo approccio si fonda sull’idea che la salute sia un diritto collettivo, realizzabile solo all’interno di comunità di cura solidali. Per questo, le forme istituzionali e le reti che generano cura non possono basarsi su logiche di profitto, ma devono fondarsi su servizi socializzati, in cui le abitanti partecipano attivamente alla pianificazione e alla realizzazione.
La salute è una questione politica e quindi di partecipazione: da questa idea nasce il laboratorio Ponticelli di cura.
Gli incontri del Laboratorio si tengono mensilmente ed in quest’anno il gruppo ha realizzato un riconoscimento dei bisogni di salute nel quartiere, attraverso focus group e mappatura partecipata, e sulla base di questo lavoro ha poi identificato possibili aree di intervento. Tra le priorità emerse, il gruppo ha deciso di dedicarsi alla riqualificazione di un parco del quartiere come luogo di aggregazione sociale, avviando un processo di partecipazione comunitaria al suo interno. Dopo una fase di indagine sul campo ed incontri con le associazioni del terzo settore già attive, il gruppo ha realizzato una “mappa del cambiamento desiderato”, mediante la definizione di obiettivi e strategie a lungo termine. Sono stati organizzati eventi di promozione della salute con chi vive questo spazio, come i volontari dell’orto urbano, in modo da farlo conoscere nel quartiere, rendendolo piú attraversabile e valorizzandolo come luogo di aggregazione.
Da gennaio 2025 ad oggi, le strategie proposte hanno portato alla formazione del “Gruppo di camminata autorganizzato” e del “Gruppo di lettura”. Altre idee sono ancora in cantiere: l’organizzazione di momenti di scambio e socialità con le realtà dell’orto urbano, l’allestimento di un forno comunitario, interventi di abbellimento e pulizia del parco, l'organizzazione di un cinema all’aperto e del “Festival della salute”.
Seppur non sia passato molto dall’inizio del processo, riteniamo che questa esperienza sia uno stimolo per riflettere e ripensare ai modi attraverso cui possiamo riappropriarci di uno spazio collettivo. E a partire da qui stiamo cucendo i nostri legami con il territorio. Non è forse anche questo che genera salute?

