selfie da zemrude
- Giuliano Spagnul, Sara Molho
- 11 apr
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 12 mag
Muri matti

Sabato 8 febbraio a Milano, prima alla libreria Scamamù e poi al Cso Torchiera di Milano, si sono tenute le presentazioni dell’ultimo libro di Wu Ming 1 “Gli uomini pesce” con l’autore e con letture di Marco Manfredi. Di seguito riportiamo la rielaborazione degli interventi di Giuliano Spagnul e Sara Molho di Collettiva Interzona.
Giuliano Spagnul
Gli uomini pesce di Wu Ming 1 (ma anche Ufo 78 del collettivo), segna una tappa secondo me molto importante. Segna un avanzamento del lavoro sull’immaginario, sull’immaginazione e sulla capacità, o meno, che abbiamo ancora di immaginare. Insomma, come scriveva Luciano Parinetto nel 1990 in Alchimia e utopia (libro introduttivo a quel Faust e Marx che Wu Ming 1 cita con enfasi): stiamo parlando di quella pratica immaginativa, di quell’«immaginario che un tempo fece da mediazione fra il regno dell’astrazione e quello delle sensazioni e di cui oggi la maggior parte della gente è irrimediabilmente castrata» [1].
Un’immaginazione che è, e non può essere altrimenti, incarnata, che ha a che fare con il corpo, il corpo da cui non si può non partire e a cui non si può non tornare: «È vero, il nostro rapporto col corpo è anche una costruzione culturale, un castello che abbiamo tirato su un piano dopo l’altro, e arredato sala per sala, in secoli e millenni. Ma la costruzione ha delle fondamenta. E le fondamenta sono il corpo. Al corpo si torna sempre» [2]. Possiamo qui aggiungere quanto scriveva Antonio Caronia riguardo l’attrito tra il nostro cervello ancora sostanzialmente di un passato lontano (ricordo a proposito l’uomo antiquato di Gunther Anders) e il mondo che si trova oggi a dover affrontare: un’evoluzione tecnoscientifica che marcia a una velocità esponenziale, a cui non riusciamo ad adeguarci col tempo che gli sarebbe indispensabile: «Solo un nuovo ancoraggio alla materia e al corpo potrebbe costruire un antidoto efficace all’estremo spaesamento e al nostro naufragare in un tempo sempre più microbico e parcellare» [3]. Allora ritorno al corpo per Wu Ming e per Antonio Caronia come fondamenta, come ancoraggio, come antidoto. Ma antidoto a cosa? La storia degli uomini pesce si svolge, perlopiù, nel 2022, sul finire della Grande Pandemia, con la «compressione della corporeità, i danni che abbiamo subìto nelle nostre relazioni e nella nostra psiche […] che qualcuno si affretta a sminuire se non a negare, ma con cui avremo a che fare a lungo» [4]. Ci sono anche varie puntate nel passato fino alla guerra di liberazione partigiana. Con la violenza nazifascista: la violenza per eccellenza! Ma, chiedo: la violenza che abbiamo subìto sui nostri corpi e sulle nostre menti durante il lockdown non ci porta a quell’altra grande violenza, sui corpi e sulle menti di tutti, che è stata la Grande Guerra? Quell’evento senza il quale la violenza del nazifascismo sarebbe incomprensibile e che ci fa vedere l’evento pandemico per quel che veramente è stato, cioè il compimento, l’atto finale, di quella mutazione antropologica avviata dalla Grande guerra, quella carneficina industriale di inizio Novecento. Insomma, non si racconta qui la grande storia della Modernità, lunga un secolo, nella quale siamo stati proiettati a viva forza e con inaudita violenza e da cui adesso veniamo espulsi con altrettanta forza per «naufragare in un tempo sempre più microbico e parcellare?».
Sara Molho
Eccoci di fronte al muro matto. Segnati da Antonia Nevi, la voce narratrice de Gli uomini pesce, ci sono luoghi, persone, oggetti. Il muro matto traduce in immagine bidimensionale conoscenze e storie che si dipanano attraverso tempi e spazi diversi, fa parte di uno sforzo di formalizzazione. Si tratta di «Una scena. Un insieme di immagini. Una geografia [5]». Ne Gli uomini pesce il muro matto diventa elemento narrativo e scatola cinese: ci sono tanti altri muri matti che possono essere raccontati all’interno del libro e che possono allargarsi ad altri volumi di Wu Ming e Wu Ming 1, da La macchina del vento a Ufo 78. Tutto può essere (a volte pericolosamente) connesso con tutto, segnala Wu Ming 1 (altrove, in Q di Qomplotto). La vicenda narrata, ne Gli uomini pesce, si dipana entro diversi piani temporali, ma soprattutto si muove attraverso le valli del ferrarese. Le persone allargano i confini del volume, sconfinano fino a Ventotene e alla Lunigiana, alla Corsica e all’Andalusia. Il mio muro matto giunge a Milano, dove vivo. Due anni fa, frequentavo Cascina Torchiera soprattutto per consultare l’archivio e la biblioteca che custodisce. Ho sempre avuto una fascinazione un po’ irrazionale per gli archivi. Nulla che mi abbia indotto a lavorare coerentemente in tal senso dopo un unico esame di archivistica, comunque abbastanza perché mi ci ritrovi spesso. Nel febbraio 2023 veniva presentato qui Ufo 78. Ho conosciuto così alcune delle persone che ora, insieme a me, fanno parte di Collettiva Interzona, con cui cerchiamo di prenderci cura di Bibliotork Interzona Caronia e, in molti casi, ci occupiamo del suo intorno.
La ricerca, nei romanzi di Wu Ming 1, come nella saggistica, è viva ed è insieme un espediente narrativo. Qui la geografa Antonia Nevi, altrove l’antropologa Milena Cravero. Loro non esistono, i tragitti che percorrono a volte sì. Gli uomini pesce è una fabula speculativa, in cui «fatti e favole hanno bisogno gli uni degli altri [6]». Nella traduzione italiana di Chthulucene di Donna Haraway «FS» significa fantascienza, fabula speculativa, fatto scientifico, femminismo speculativo. La necessità di adottare figure polimorfe come la FS nasce dall’urgenza, ne Gli uomini pesce, di parlare di catastrofe climatica, di pandemia, di riscatto dei corpi, di antropizzazione del territorio. In un volume prossimo a Gli uomini pesce, Wu Ming 1 riprende l’adagio di Fredric Jameson scrivendo di «storicizzare sempre [7]»; segnala anche che questa «matassa» (termine di Haraway e non di Wu Ming 1) di favole e fatti dovrebbe «esporre e problematizzare le tecniche utilizzate nella scrittura [...] in modi che non spezzassero l’incanto della narrazione [8]».Si tratta di un miscuglio funzionale a qualcosa, in cui risuonano le parole di Romano Alquati relative alla «conricerca»: «Vogliamo […] produrci una conoscenza anche un poco parziale e ridotta [...], sì, ma che funzioni praticamente per il raggiungimento di certi nostri fini, nel movimento verso un contropercorso: conoscenza relativa e performativa, strumentale [9]» e quindi «mappa aperta e provvisoria [10]», mai fine a sé stessa. «Noi facciamo la ricerca innanzitutto per potenziare il nostro conoscere, in primis come contro-mezzo [11]», e la facciamo con corpi organizzati orizzontalmente e non verticalmente. La ricerca è una cassetta degli attrezzi, e gli attrezzi vanno mostrati perché sia aperta e funzionale – Wu Ming 1 a questo proposito scrive di voler «mostrare la sutura [12]». I metodi di cui parla Alquati sono propri della ricerca sociale: l’osservazione partecipante, l’autobiografia, l’intervista. Wu Ming 1 li ha utilizzati tutti, tra romanzi e saggistica – si pensi alla moltitudine di voci in Un viaggio che non promettiamo breve (Einaudi, 2016) e nell’autobiografia di Valerio Minnella, Se vi va bene bene se no seghe (con Wu Ming 1 e Filo Sottile, Alegre, 2023). Tra quelle voci si insinua il perturbante, ci ha raccontato lui stesso. La «sutura» è sottile. L’inchiesta e la ricerca vanno quindi intese come fasi di una più ampia conricerca, parti di un contropercorso, più o meno frastagliato, fatto di momenti non sempre evidenti. Alquati ci mette in guardia: mappe e territori non sono mai la stessa cosa. Il muro matto non è mai anche l’oggetto del ricercare. Essi però, per rimanere con Alquati e Haraway, Timeto e Wu Ming 1, con-divengono.
Note
[1] Luciano Parinetto, Alchimia e utopia, Pellicani, Roma 1990, p. 30.
[2] Wu Ming 1, Gli uomini pesce, Einaudi, Torino 2024, p. 399.
[3] Antonio Caronia, Il buco nero del tempo digitale [Cogli l’attimo! (se ci riesci!)], 2004, disponibile al link: https://www.academia.edu/305223/Cogli_lattimo_se_ci_riesci_
[4] Wu Ming 1, Gli uomini pesce, cit., p. 295.
[5] Wu Ming 1, Gli uomini pesce, cit., p. 168.
[6] Federica Timeto, Dizionario per lo Chthulucene, 2019. https://not.neroeditions.com/archive/dizionario-lo-chthulucene/
[7] Wu Ming 1, Q di Qomplotto, Alegre, Roma 2021, p. 83.
[8] Ivi, p. 288.
[9] Romano Alquati, Per fare conricerca, DeriveApprodi, Roma 2022, p. 25.
[10] Ivi, p. 29.
[11] Ivi, p. 58.
[12] Wu Ming 1, Q di Qomplotto, cit., p. 288.