selfie da zemrude
- Marco Sommariva
- 12 ago
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 20 ago
Armi di distrazione di massa
Il mal bianco di Karel Čapek

L’articolo analizza Il mal bianco (1937) di Karel Čapek, opera profetica che affronta temi oggi drammaticamente attuali come pandemie, propaganda, conflitti e disuguaglianze. Ambientata in una società autoritaria colpita da un'epidemia selettiva, la pièce mette in discussione il ruolo dei medici, l’etica della scienza, la manipolazione mediatica e le derive totalitarie. Čapek riflette sulle strumentalizzazioni del potere e sull’uso delle malattie come strumenti di controllo e divisione sociale, offrendo un potente affresco sulle fragilità umane e politiche del suo (e del nostro) tempo.
Dopo aver vissuto il COVID-19 e l’invasione russa in Ucraina, Il mal bianco – opera dello scrittore e drammaturgo ceco Karel Čapek, edita nel 1937 – è, molto probabilmente, uno dei testi in circolazione che meglio di ogni altro ci racconta il nostro tempo.
Il libro, scritto in piena ascesa di Hitler, narra di un’epidemia letale che giunge in Europa dalla Cina e colpisce solo soggetti che hanno più di quarantacinque anni: <<Pandemia. Una malattia che raggiunge tutto il mondo come un’onda dell’alta marea. In Cina ogni anno vediamo nascere una nuova malattia interessante – è la povertà che le crea […]. È davvero la malattia del momento. Ad oggi cinque milioni di persone ne sono morte, dodici milioni di casi sono stati constatati e un numero di persone almeno triplo nel mondo non è nemmeno consapevole di avere già sul proprio corpo una macchiolina marmorea non più grande di una lenticchia… […]. Inoltre è stato formalmente acclarato che la malattia […] colpisce solo soggetti che hanno più di quarantacinque anni>>.
Perché, si sa, da dove potrebbero arrivare le malattie se non dalla Cina e dagli altri paesi arretrati?: <<[...] dobbiamo fare della Cina una colonia europea, portare lì un po’ d’ordine, così queste storie finiranno. Tutto questo capita perché continuiamo a sopportare questi paesi così arretrati. Lì c’è fame, miseria, mancanza d’igiene e così via; ecco da dove vien fuori la lebbra>>.
Un nemico invisibile e sconosciuto che, guarda tu le coincidenze!, risparmia gli animali:<<Non conosciamo ancora l’agente responsabile della propagazione del morbo, sappiamo solo che si diffonde a una velocità straordinaria e anche che non contagia gli animali. […] Ci stiamo battendo, mio caro, ma non conosciamo ancora bene il nostro nemico>>.
La malattia irrompe in una società totalitaria mettendo i giovani contro gli anziani, i poveri contro i ricchi e i medici gli uni contro gli altri facendo, così, precipitare la loro professione in un abisso morale: <<[…] avrei un gran desiderio di buttarla giù dalle scale con le mie mani! Capisco che ogni dottore voglia guadagnarci qualcosa, ma trattare i progressi scientifici come meri segreti commerciali, non è un comportamento da medico, bensì da ciarlatano, da imbonitore da fiera! In primo luogo è crudele verso le persone che soffrono e in secondo luogo… […] In secondo luogo, lei si sottrae al dovere di collaborazione verso i suoi colleghi. Anche gli altri dottori vogliono guarire i loro pazienti: è di questo che vivono. Lei guarda alla sua cura come ad una fonte di guadagno privato; purtroppo per lei io devo invece considerarla in quanto medico e scienziato, consapevole dei miei doveri verso l’umanità. I nostri punti di vista sono totalmente differenti, dottor Galeno. […] L’abisso morale in cui è precipitata la professione medica è uno scandalo! Ogni due per tre si vede apparire un nuovo dottor Miracolo che fa i soldi con sedicenti metodi segreti>>.
Sono tante le domande che si pongono i personaggi di questa pièce teatrale: si può accettare una dittatura sanitaria?, i vaccini vanno sottratti alle regole dei brevetti?, è giusto che un medico si rifiuti di curare i violenti?, una pandemia aiuta sempre i sovranismi o può anche diventare alleata della pace?
Sono numerose anche le paure sotterranee di questi personaggi: il contagio, la solitudine, la forza bruta della folla e quella minacciosa del potere, il timore che non poteva andare diversamente, che s’era troppi sulla Terra:<<Questa è peste, ve lo dico io. Peste. Ogni strada del quartiere ha più di un contagiato. L’altro giorno ho detto a un mio vicino: «Anche lei ha una macchia bianca sul mento». Lui mi risponde che no, che si sente bene. Ora la carne gli cade a pezzi. È la peste. […] Eravamo in troppi sulla terra. Per questo una metà di noi deve crepare per fare posto all’altra metà. Tu fai il panettiere. Beh, farai posto a un altro panettiere. Io sono povero, lascerò spazio a un altro povero diavolo, perché possa crepare di fame al posto mio. Ecco perché questa peste si abbatte sulla terra>>.
Il mal bianco ci anticipa le pulsioni irrazionali di popoli inebetiti; governi dispotici che subordinano la salute pubblica al progresso economico e alla propria egemonia sul resto del mondo; la figura del medico accademico arrogante, amico dei potenti e chino di fronte al dio denaro; e quella del giornalista sprovveduto e balbettante che scrive tanto e con poca competenza: <<Sul mal bianco o lebbra di Pechino […] se ne scrive anche troppo e in maniera poco scientifica. Secondo me dovremmo lasciare la medicina ai medici. Se invece ne parlate sul giornale, i vostri lettori cominceranno subito ad avvertire i sintomi della malattia, non crede?>>
Nella storia di Čapek i malati vengono rinchiusi dietro fili spinati: <<Possiamo ora sperare di riuscire a ridurre la diffusione della malattia. […] nei prossimi giorni sarà adottato un decreto d’urgenza che ordinerà l’isolamento dei malati cosiddetti lebbrosi. […] È arrivato il momento di chiudere questi malati dietro ai fili spinati senza tollerare nessuna eccezione>>.
Ma, pensa te le combinazioni!, non tutti sono convinti su quanto viene loro raccontato: <<[…] è tutta una truffa, una montatura, ‘sta famosa lebbra. Basta un caso qui e uno là e subito i giornali ci si buttano sopra per farne una cosa enorme. E la gente poi? Basta che uno si metta a letto col raffreddore e subito dicono che ha preso il mal bianco>>.
E mentre tutto pare dipendere da questa malattia, ecco che una nuova guerra in Europa rispedisce al mittente l’intera classe medica, e non solo questa, allontanandola da quelle luci della ribalta che avevano dopato a dismisura l’ego di molti di loro, rendendoli piuttosto nervosi e pure vendicativi:<<Voi gli uomini li maciullate, li fate saltare sulle mine, li uccidete con il gas e vi aspettate che noi dottori li salviamo? Se voi sapeste quanto lavoro ci vuole per strappare un bambino alla leucemia… ogni giorno ci battiamo contro le malattie del cuore, delle ossa, degli occhi, ci battiamo contro il cancro… adesso loro vogliono che combattiamo un’altra guerra! Ma io sono un dottore, non un soldato! Io mi batto per la vita umana! […] Quando i capi di Stato si accorderanno per rinunciare d’ora in poi alla guerra, solo allora riceveranno il mio vaccino contro il mal bianco>>.
Come spesso abbiamo sentito ripetere in quest’ultimi decenni, anche qui si parla di guerra lampo:<<[…] non durerà più di una settimana. Il nemico verrà ridotto in briciole prima ancora di capire che c’è la guerra. È così che vanno le cose oggigiorno>>.
E ovviamente si prova a non mandare al fronte i propri figli: <<Io… vorrei solo che il nostro ragazzo non debba partire in guerra>>.
Motivo della guerra? Il solito: un pretesto. Alla domanda del maresciallo <<Come siamo messi sul versante pretesti per un intervento armato?>>, il ministro risponde: <<Tutto predisposto già da tempo. Complotti contro la nostra nazione, provocazioni sistematiche… nel momento propizio ci sarà un attentato politico. Subito dopo, basterà ordinare un’ondata di arresti e preallertare la stampa>>.
La guerra è indispensabile, ha super poteri, trasforma la folla in popolo, un uomo in eroe e, soprattutto, un pezzo di terra in patria: <<Solo col sangue dei caduti si può fare di un pezzo di terra una patria, ed è soltanto la guerra che può fare di una folla un popolo e di un uomo un eroe!>>.
Inoltre, di questo conflitto sul suolo europeo, Il mal bianco ci racconta che la piccola nazione invasa resiste fortemente: <<Si sono difesi con le unghie e coi denti. Noi abbiamo riportato dei successi, ma l’attacco sferrato contro la loro capitale è fallito. Abbiamo perduto ottanta aeroplani… alla frontiera i nostri carri armati hanno incontrato una forte resistenza…>> e che la piccola nazione potrebbe ricevere rinforzi: <<[…] E in questo ritardo potrebbero ricevere rinforzi, capisci? Probabilmente il Maresciallo pensava che un primo urto sarebbe bastato. Ci sono anche due ultimatum arrivati da potenze straniere che stanno già mobilitando i loro eserciti. Dio mio, come tutto si è messo a correre! Quattro, cinque ultimatum tutti insieme!>>.
Diciassette anni prima la pubblicazione de Il mal bianco, l’autore Karel Čapek aveva già sorpreso i lettori con R.U.R. Rossum’s Universal Robots, un’opera teatrale scritta nel 1920 e messa in scena l’anno dopo; R.U.R. è la sigla della multinazionale dove vengono prodotti i robot universali inventati da Rossum, uno scienziato che ha trovato la formula della sostanza chimica necessaria a dar vita alla materia. Ma di questo testo che introduce nella cultura mondiale il fortunato termine <<robot>> – dal ceco <<robota>>, lavoro – che, da allora, definisce la copia artificiale dell’essere umano, ne scriverò un’altra volta.
Marco Sommariva (Genova 1963) è autore di numerosi romanzi e testi di critica letteraria.