top of page
ahida_background.png

selfie da zemrude

  • Immagine del redattore: di Maurizio "gibo" Gibertini e Giuliano Spagnul
    di Maurizio "gibo" Gibertini e Giuliano Spagnul
  • 6 nov
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 7 nov

Cronache del Boomernauta: Gaia e le metatecniche selvagge. Fabulazione speculativa ecologica 

Parrot
Parrot

Cos’è questo progetto?


Cronache del Boomernauta è una serie narrativa ibrida illustrata, a metà tra fiction speculativa, saggio affettivo e diario post-umano. Attraverso 25 episodi pubblicati in formato feuilleton, racconta il tracollo di un mondo e la resistenza parziale di ciò che resta.

Il Boomernauta, viaggiatore del tempo come l’Eternauta di Oesterheld e Solano Lopez, suo predecessore, non è un eroe né un narratore onnisciente, ma innanzitutto una figura politica, considerando che ha partecipato come militante ai movimenti degli anni sessanta e settanta.  Il suo modo di esporre le vicende del futuro è politicamente orientato e lui non lo nasconde. Ma è anche un "personaggio concettuale", à la Deleuze e Guattari, che opera diagnosi, prospettive e analisi che descrivono un piano di immanenza e che interviene nella creazione stessa dei concetti che lo popolano. Tutto ciò si svolge attraverso diffrazioni dello spacetimemattering [1] – termine cardinale della filosofia di Karen Barad che indica come queste tre entità emergano attraverso le intra-azioni – che si producono nell’incontro fra lo sguardo novecentesco del Boomernauta e le vicende di futuri prossimi e reconditi.


Le illustrazioni di Martino Saccani


Le figure non sono semplici accompagnamenti al testo ma vere intra-azioni, descrizioni virtuali per immagini di trans-formazioni, upgrades e downgrades del reale.

Sono frames estratti dal processo di crisi in atto che dialogano con le parole del Boomernauta, le disturbano e le amplificano. Destrutturando la realtà, saturandola, dissolvendola e frammentandola, le visioni di Alessandra_Viganò (al secolo scorso Martino Saccani) aprono spazi di risonanza e suggeriscono al lettore immaginari di un futuribile domani.



Coordinamento editoriale : Maurizio ‘gibo’ Gibertini



NOTA :

[1] Il termine "spacetimemattering" di Karen Barad è una parola creata per descrivere il modo in cui la materia e lo spaziotempo emergono attraverso le intra-azioni e siano intrinsecamente legati. Il concetto fa parte della teoria filosofica dell’Agential Realism.


Introduzione alla pubblicazione seriale su Ahida


di Giuliano Spagnul 


«L'uomo è involuto in se stesso, nel suo passato, nelle sue finalità, nella sua cultura. La realtà gli sembra esaurita, i viaggi spaziali ne sono la prova. Ma la donna afferma che la vita deve ancora iniziare per lei sul nostro pianeta. Vede dove l'uomo non vede più.» Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel, La tartaruga, 2024, p. 57

Sono passati più di cinquant'anni da questa lapidaria invettiva e l'uomo continua a non vedere. O, per lo meno, ciò che vede è l'inevitabile esaurirsi delle risorse del suo pianeta a cui può solo ovviare con un secondo pianeta da conquistare. E, siccome non è lì bell'e pronto da abitare, da terraformare.


C'è qualcosa di assolutamente surreale, e forse inquietantemente patologico, in questa idea di consumare qualcosa fino all'osso per poi sputare l'osso e trovare qualcos'altro da consumare a sua volta e così via all'infinito. Ma il paradosso estremo è che quel qualcos'altro da conquistare è ancora più spolpato di quell'osso che si vorrebbe gettare. E quindi va artificialmente reso fertile e fecondo di nuove risorse per poterlo sfruttare.

Ma allora perché, si chiede una giovane astrofisica, divulgatrice, Silvia Kuna Ballero presentando il suo libro Rapsodia marziana (Codice Edizioni, 2025) alla libreria Anarres di Milano, non terraformare il pianeta esausto che già abbiamo?


Terraformare il pianeta Marte con i mezzi e i saperi odierni è praticamente impossibile, al di là di quel che ne pensa un infantile miliardario, e quell'ipotetico «forse tra qui a cinquant'anni» timidamente avanzato dall'autrice suona più come una rimanenza di quel luogo comune del progresso spinto sempre in avanti dal semplice accumularsi degli anni che passano.

Ma allora, davvero, perché non la Terra che abitiamo e che possiede ancora un'atmosfera e acqua in abbondanza, anche se non proprio in ottima salute?


Dare come risposta lo spirito dell'avventura insito nell'umano, la ricerca di quel qualcosa che sta oltre l'orizzonte, quel misurarsi sfidando i limiti che ci sono propri o imposti, non è una risposta sufficiente. Finita l'ultima frontiera di fronte a noi, si guarda in su oltre il cielo, e il dispositivo fantascientifico novecentesco ci ha abituati e rodati efficacemente a questo: ci ha reso familiare e tutto sommato accettabile l'idea di dover abbandonare la Terra. Non è un caso che Bruno Latour non amasse la fantascienza. Così infatti descrive i moderni in La sfida di Gaia (Meltemi, 2020): «non vedono l'avvenire se non in forma di romanzo futuristico. Nulla di sorprendente in ciò: non hanno mai prestato particolare attenzione alla direzione in cui stanno andando, ossessionati dall'idea di sfuggire al loro attaccamento alla Terra. Pronti al distacco, sembrano veramente ingenui quando incontrano la prospettiva del riattaccamento a una nuova residenza, della delineazione di un nuovo nomos. Somigliano ad astronauti che si apprestano a fare un giro d'esplorazione nello spazio senza tuta.» (p. 337)

La risposta a tutto questo in realtà è molto semplice: se non si vuole abbandonare la Terra si dovrà abbandonare il capitalismo. E qui chi prospera e vive di capitalismo farà di tutto per convincerci del contrario e di strumenti ne ha tanti: una nuova avventura entusiasmante e meravigliosa è possibile!


Certo non per tutti, forse per pochi, ma la razza umana sopravviverà proprio grazie a questi pochi, sorteggiati dalla fortuna o scelti tra i migliori o in una combinazione tra le due; ma l'importante è il nuovo sogno collettivo a cui tutti, con il loro lavoro e il loro entusiasmo parteciperanno.

La fabula speculativa, il racconto di questo boomernauta del tempo, in questa sorta di antifantascienza (non me ne vorrà l'autore per questa definizione che a suo tempo fu affibbiata all'opera di un grandissimo come James G. Ballard) ci racconta proprio questo grande inganno e come immaginare le possibili forze antagoniste in grado di opporsi.

Ogni episodio può essere letto come un frammento autonomo, ma connesso a un flusso narrativo complesso, in cui si intrecciano realtà riconoscibili e immaginazione critica.


bottom of page