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- Giorgio Griziotti

- 12 minuti fa
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Il racconto del Boomernauta. Pandemia Memetica: Il Morbo Nekomemetico; Dal paziente zero ai grandi malati

Il Morbo Nekomemetico
Rivelandoci le modalità della scoperta del morbo nekomemetico, il Boomernauta prende in considerazione anche le influenze dei sistemi politici nel diffondersi del contagio. Fra l’altro lascia chiaramente trasparire le sue inclinazioni marxiste di gioventù. La vitalità dei memi-internet rende più evidente che una certa categoria di essi possa essere il vettore della malattia che fa degli umani gli agenti dell’infezione della biosfera. Il capitalismo in generale, e il neurocapitalismo dei techno-tycoon in particolare, furono degli eccezionali acceleratori del contagio, ma nonostante tutto, emergevano continuamente indizi che la malattia era esistita sin dalla notte dei tempi umani.
Le considerazioni sulle caratteristiche dei memi-internet (ormai semplicemente chiamati memi) che ormai erano massicciamente predominanti furono decisive nel convincere e diffondere la teoria del morbo nekomemetico.
Al contrario di altre epidemie o malattie endemiche che affliggevano gli umani, i memi infetti potevano passare esclusivamente da umano a umano. Si poteva escludere che si trattasse di una zoonosi all’origine di tante epidemie, come l’antico flagello della peste sviluppatosi tramite i topi col formarsi delle nuove agglomerazioni urbane prive di igiene, o come i meno antichi HIV o Covid. Tuttavia si intuiva che in qualche modo anche il morbo nekomemetico appariva nella sua fase epidemica come la conseguenza di un ulteriore ciclo negativo della specie umana nell’ecosistema. Questo sarebbe stato probabilmente l’ultimo proprio per la presenza del capitalismo in funzione di catalizzatore determinante nell’accelerazione delle contaminazioni.
C’erano comunque indizi che il morbo nekomemetico fosse primordiale e legato alla metatecnica e probabilmente a un suo uso improprio. Anche i nativi americani, per esempio, sarebbero stati affetti da una leggera forma di contagio nekomemetico che aveva modificato il loro ambiente come appunto provato dall’Orbis Spike di cui ti ho già parlato.
Probabilmente due erano state le svolte decisive negli ultimi cinque o sei secoli. Una, legata all’esistenza originaria di un ceppo virale nekomemetico probabilmente decisivo nelle successive diffusioni, l’altra, legata alla nascita di un nuovo ambiente immateriale particolarmente favorevole alla sua propagazione.
Il virus nekomemetico si perdeva nella notte dei tempi ed erano state fatte speculazioni sui ceppi antichi che più avrebbero contribuito a perpetuarlo nella mente umana e a diffonderlo. Non c’era in fondo una trasmissione di nekomemi staminali nella lettura dei grandi testi del pensiero religioso antico, come Bibbia, Corano o Talmud quando affermano che il loro dio crea il mondo e tutte le creature al suo servizio, e affida agli umani il compito di governare la Terra e tutte le sue risorse? Poi, era stato identificato un ceppo relativamente più recente che aveva assunto una grande importanza: i memi legati alla dicotomia Natura-Società e alla sua variante Natura-Cultura, che generavano un nuovo modo di vedere il mondo. Questi dualismi cartesiani alimentarono il contagio nekomemetico e generarono i primi sintomi della setticemia biosferica, visibili dall’occhio della time machine. La contaminazione divenne sempre più estesa, poiché questo ceppo colpì le classi dominanti europee e le spinse a colonizzare il resto del mondo. Nelle fasi acute, le élite, ormai squilibrate dalla malattia, entrarono in un delirio in cui vollero far credere che le devastazioni perpetrate sotto l’influsso del morbo fossero doni della natura alle loro Società o Culture.
In ogni caso, con l’avvento delle fasi industriali del capitalismo, si era probabilmente prodotta una delle trasformazioni e delle accelerazioni più decisive nella diffusione. Il morbo nekomemetico passava da malattia endemica a pandemia globale.
Non credere che qui io mi voglia lanciare in una tirata politica contro il capitalismo come quelle che facevo da giovane e di cui certo non mi pento. E poi, come ti spiegherò man mano parlando dei miei viaggi nel futuro, sarebbe stato un errore addebitare tutto al solo capitalismo, altri parametri erano entrati in gioco. Per esempio l’aumento vertiginoso della popolazione umana, di cui il capitalismo andava particolarmente fiero, proclamando che nessun regime nella storia aveva tanto aumentato la speranza di vita media dell’umanità, anche se poi nel corso del XXI secolo questa entrò in un grande declino.
Sia come sia, la grande epopea capitalista della messa al lavoro globale di umani, nonumani (animali e vegetali) e persino del substrato inanimato aveva cambiato radicalmente la scala di grandezza della diffusione del morbo nekomemetico. Ovviamente, come aveva spiegato così chiaramente il nostro Karl, la dinamica dell’accumulazione spingeva in questa direzione, ma solo i suoi pro…pronipoti (cioè noi) avevano capito che il capitalismo non pagava una buona parte di questo lavoro (umano, nonumano e della biosfera in generale); si trattava infatti di lavoro gratuito! Ma discutere di questo ora ci porterebbe molto lontano dalla nostra storia.
Nell’obbligare al lavoro con le proprie modalità, il capitalismo introduceva quotidianamente dosi massicce di virus nekomemetico in grandi masse di umani. Sin dall’inizio dell’era industriale, contadini o artigiani relativamente immuni si contagiavano quando venivano espropriati delle loro terre o privati dei loro mezzi di sussistenza, diventando operai. Questo si verificava praticamente in tutta la produzione industriale, ma in certi settori, come la chimica, la metallurgia e poi soprattutto quello delle estrazioni, del trattamento e del trasporto delle energie fossili, le cariche virali nekomemetiche andavano alle stelle. Il lavoro trasformava le centinaia di milioni d’operai in agenti patogeni della setticemia della biosfera, senza che potessero né scegliere né, spesso, rendersene conto, ma subendone le conseguenze sulla propria pelle. I ceppi di nekomemi virali non erano sempre legati direttamente alla metatecnica e ai suoi risvolti produttivi, ma erano presenti nelle cosiddette scienze umane, dalla filosofia, alla letteratura e alla poesia1.
In seguito c’era stato un secondo cambiamento di paradigma della funzione memetica. Questa volta era più legato alle modalità di trasmissione: l’avvento di internet era stato tanto sconvolgente che i nekomemi contagiosi ne avevano approfittato trovando un veicolo nuovo che garantiva loro una frenetica espansione.Il contagio nekomemetico aveva aspetti plausibili. Se si ammetteva l’ipotesi di nekomemi virali potenziati da internet è chiaro che la trasformazione patologica temporanea o permanente dell’umano in agente di infiammazione e infezione dell’ambiente non poteva che essere di origine culturale. Ed in questo caso, il meme che infettava l’uomo avrebbe avuto una funzione equivalente a quella di un virus o di un batterio capaci di attaccare qualche organo o funzione del suo corpo. Si sarebbe trattato cioè di un elemento riconoscibile, riprodotto e trasmesso attraverso la pulsione imitativa di un individuo o di un collettivo da parte di altri individui o collettivi. Un elemento che, come un virus, poteva mutare nella riproduzione attraverso il contagio.
Come virus e batteri, che pur essendo all’origine della vita e indispensabili a essa, potevano diventare nocivi e letali per altre entità viventi, così avveniva per la circolazione dei memi all’interno della specie umana. Se erano stati indispensabili nell’evoluzione, essi erano anche potenzialmente distruttivi. Sicuramente c’erano altri flussi memetici che potevano essere direttamente letali per gli umani, per esempio tutti quelli legati alla bellicosità. Ma quello nekomemetico aveva una caratteristica unica che, salvo alcuni casi, non degradava direttamente la salute degli umani, se non rendendoli agenti nocivi che aggredivano l’ecosistema circostante. Anche se i meccanismi esatti dell’azione virale nekomemetica non vennero mai completamente chiariti, si dedusse che il virus agisse su mente e sistema nervoso. Quando i nekomemi infettanti entravano tramite le interfacce sensoriali classiche o con nuove modalità, come per esempio quelle di ipno-streaming, generavano concatenamenti pre-programmati di emozioni e sentimenti che portavano alla caduta di ogni inibizione di aggressività e violenza nei confronti della biosfera. Questo poteva verificarsi su scale molto diverse in funzione del contesto, del soggetto e di molti altri parametri. Fra il costruire una centrale nucleare e il gettare un semplice sacchetto di plastica sul bordo di una strada di campagna c’era una differenza enorme, ma perlomeno un punto in comune: la presenza di un virus nekomemetico in azione. Comunque chi decideva o dirigeva la costruzione di una centrale atomica non aveva la stessa carica virale di chi, da semplice operaio, colava il cemento armato nei suoi recinti di contenimento. C’erano eccezioni notevoli a questo principio, perché anche all’interno delle classi subalterne i malati gravi non mancavano, specie in certi ambiti come per esempio quello dell’aristocrazia operaia di cui magari ti racconterò più tardi.
Ai primordi di internet i memi erano spesso considerati semplici elementi culturali2 ripresi e propagati in massa perché utilizzabili in casi diversi con diversi fini. Questo poteva dar loro una vita multimodale e allungare la loro durata, ma di solito avevano quella tipica di una moda.
Come fu possibile allora parlare di una contaminazione nekomemetica che durava da millenni? Non avrebbe dovuto estinguersi anch’essa con la velocità di una moda?
I nekomemi virali rappresentavano la faccia nascosta nella luna dei memi. Innanzitutto erano diversi e non dovevano essere considerati singolarmente o neanche come una famiglia multimodale. Anche se probabilmente agli albori e nel passato remoto era ancora possibile isolarli e individuarli, ma questo non è certo, dalla modernità e dalla nascita dei media elettrici3 si ispessirono in un flusso in cui era difficile estrarre una singola immagine, un singolo atomo. I memi infettanti entravano allora a far parte del quotidiano delle moltitudini. E quando la televisione divenne il principale mass-media, l’utente fu esposto passivamente e con poche protezioni a forti dosi quotidiane. Basta pensare ai memi contenuti nelle pubblicità che invitavano al nuovo consumismo. Enorme era la carica virale del flusso continuo di nekomemi che vantavano i meriti di materie plastiche, automobili, detersivi e altri prodotti industriali di massa. Ma spesso c’erano memi molto più dissimulati e sottili, che non rappresentavano oggetti apertamente inquinanti e non appartenevano a pubblicità. Era, per esempio, il caso della foodporn, mania che in tendenza indusse al consumo indiscriminato di nonumani trasformati in hamburger o altro.
Ma dopo i media elettrici i nekomemi infettanti si erano subdolamente allargati su tutti i canali che andavano a formare l’ambiente del bioipermedia.
Nelle mie incursioni obbligate nel futuro mi parve chiaro che la presa di controllo del bioipermedia da parte dei techno-tycoon aveva costituito un passo decisivo nella modalità di diffusione dei nekomemi ormai diventati virali. Un fascio di modalità, per essere precisi, che si era basato sulle tecnologie di rete come luogo d’intra-azione4 fra macchine e biosfera. Il fallimento del progetto cinese Lunga Primavera era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, mettendo in crisi la principale funzione gestita dai techno-tycoon per conto dell’AltaSfera Ecofin: plasmare le soggettività per renderle sempre più produttive e indebitate. Un insieme politico-algoritmico che alcuni avevano soprannominato neurocapitalismo.
Cominciò da lì il declino che si accentuò precipitosamente quando la pandemia nekomemetica e la conseguente setticemia della biosfera cominciarono a prendere una dimensione drammatica per quelle reti del vivente a cui appartenevano anche gli umani. Visto a posteriori il periodo e l’ambiente del neurocapitalismo rappresentarono un vero brodo di cultura dei flussi memetici e a maggior ragione del virus nekomemetico. L’onnipresenza dei dispositivi d’interazione individuale, a cui più nessuno, salvo pochi privilegiati della classe dominante, desiderava o anche semplicemente poteva sottrarsi in quasi ogni istante della vita cosciente (e certe volte anche aldilà), aveva centuplicato le possibilità di diffusione del virus.
Note:
Il Boomernauta mi ha confessato poi tutta la sua antipatia per Cartesio perché aveva sostenuto che gli animali erano macchine senza anima e che solo l’uomo aveva una mente razionale, e poi per Adam Smith che sosteneva che la natura era semplicemente un mezzo per soddisfare i bisogni umani e nella letteratura anche Goethe aveva tenuto simili propositi antropocentrici.
Per illustrare il proposito del Boomernauta mi viene in mente il meme dell’uomo politico corrotto che ammicca (Silvio B.), l’attore confuso che guarda da destra a sinistra (John T.), Kermit la rana o frasi del tipo «non sono affari miei», (that’s none of my business).
Certamente il Boomernauta si riferisce a M. McLuhan.
Anche se non volli interrompere il suo monologo, mi sembra che su questo termine fosse stato ripreso da Karen Barad, per cui sembrava avere un debole (la chiamava anche zia o zio Barad). Come Barad anche il Boomernauta preferiva usare questo termine piuttosto che quello di interazione, credo che fosse per sottolineare che gli enti che compongono la realtà sono distinti solo in relazione al loro reciproco intreccio (costituito dalle intra-azioni appunto) e non esistono come elementi individuali.
Dal paziente zero ai grandi malati
Ancora un frammento del racconto permeato dalle riflessioni politiche del Boomernauta, che continua a delineare le ipotesi sulle origini del morbo nekomemetico, interrogandosi su come si sia manifestato: con la capacità di controllare il fuoco, con la capacità di forgiare utensili o con l’emergere dei pre-linguaggi? Non lo sapremo mai con certezza, ma così come le malattie basate su vettori materiali, anche il morbo nekomemetico non colpisce tutti gli umani nello stesso modo. Ciò che lo rende unico è il fatto che colpisce in modo più virulento coloro che detengono potere e ricchezza. Nonostante siano una minoranza insignificante, i Grandi Malati delle alte sfere, tra cui i techno-tycoon e i magnati dell’energia fossile, sono ipercontagiosi e agenti iperattivi della setticemia biosferica.
L’ipotesi virale nekomemetica mi parve anche coerente con la storia dell’umanità. Il virus sarebbe esistito sin dagli albori, anche se a quell’epoca il contagio era senz’altro limitato, sia a causa della ridotta popolazione che dalla grossolanità della metatecnica agli albori. Quindi, benché procurasse indirettamente solo infinitesime irritazioni all’ambiente, la dinamica era la stessa di quella poi giunta ai suoi estremi. Ed inoltre la contaminazione nekomemetica avrebbe anche spiegato la correlazione fra l’espandersi dell’infezione della biosfera e le successive trasformazioni delle macchine tecno-politiche della specie umana.
Era ormai impossibile trovare un ben definito primo contagio perché le origini del morbo nekomemetico parevano troppo lontane e si confondevano con quelle della specie. La durata sulla Terra del genere Homo (2 milioni di anni circa) pareva minuscola se paragonata ai miliardi d’esistenza del pianeta che lo ospitava. Inoltre, a eccezione degli ultimi diecimila anni, Homo erectus inizialmente e cosiddetto sapiens successivamente, avevano condotto uno stile di vita da cacciatori-raccoglitori nomadi, senza che l’ecosistema terrestre fosse probabilmente perturbato da loro più che da qualsiasi altra specie. Seguì una civilizzazione breve di cento secoli di cui non conosciamo decentemente neanche un quarto. Non sappiamo quindi, e forse non è neanche molto importante saperlo, come il processo che ha innescato la situazione attuale sia iniziato, ma forse il contagiato nekomemetico zero è da cercare fra gli homines erecti che riuscirono a dominare il fuoco circa 1,5 milioni di anni orsono. Fu a qualcuno di loro che, più o meno coscientemente, sfuggì di mano questa nuova potenza provocando la prima ferita per mano umana all’ambiente circostante?
Ma né il controllo del fuoco, né gli utensili materiali o immateriali come pre-linguaggi e altre modalità di comunicazione – e quindi la metatecnica in generale – possono essere indicati con certezza assoluta come cause o come origini del morbo nekomemetico. Specie nelle aree d’influenza di certe religioni ci fu chi utilizzò il morbo nekomemetico come la rivelazione di un peccato originale, e ne approfittò per lanciare un’ulteriore indiscriminata crociata contro la technè. Ci si può piuttosto chiedere se la straordinaria persistenza del morbo non provenga dall’interazione tra la metatecnica, i comportamenti da essa indotti e altri parametri vitali, come a esempio la territorialità. È ancora un mistero per me come tutto ciò si sia poi sviluppato nelle modalità della centralità del mercato, della competizione e della proprietà, che hanno caratterizzato la fase finale della civilizzazione. Ma, anche senza le prove scientifiche della time-machine, queste ultime ossessioni certamente contribuirono in modo decisivo a creare le condizioni della contaminazione di massa.
Ricerche più approfondite confermarono la prima impressione: la malattia nekomemetica era contagiosa e diffusa, ma la carica infettiva e la virulenza individuale contavano enormemente rispetto a certe malattie classiche. Probabilmente flessibilità e capacità di adattamento erano in stretta relazione con l’immaterialità del morbo.
Abbiamo già visto come la sua virulenza in un umano infettato si manifestasse nella sua trasformazione in agente patogeno più o meno attivo della setticemia della biosfera. L’infettività era invece la capacità di diffonderlo tramite memi contagiosi. Al contrario di molte malattie tradizionali non c’erano legami più o meno proporzionali fra questi due aspetti di virulenza e infettività, ma nel caso dei Grandi Malati, che costituivano il nerbo delle élite capitaliste, molto spesso entrambe andavano alle stelle. I Grandi Malati non agivano solo individualmente come terribili agenti patogeni della setticemia, ma avevano inoltre una facoltà unica di diffusione del morbo. Non si era mai osservato, in nessuna altra malattia infettiva materiale, la capacità di un malato di contaminare a distanza attraverso ambienti così vasti come il bioipermedia globale e questo aveva terribili conseguenze per lo stato di salute della biosfera. I Grandi Malati erano agenti patogeni speciali, capaci di creare focolai di diffusione dell’infezione localizzati o anche globali. Ciò avveniva nei casi peggiori, come quelli dei techno-tycoon padroni delle piattaforme globali, la cui potenza di diffusione era tale che potevano trasmettere memi infetti a intere moltitudini. Talvolta la carica virale decuplicata dei Grandi Malati poteva agire localmente in un territorio specifico della Terra. Sebbene tale possibilità fosse esistita sin dall’inizio della metatecnica, questo divenne man mano più sensibile e acuto nelle fasi gestite dal capitalismo. Siamo entrambi nati in un’epoca in cui abbiamo potuto osservare sin dalla nostra infanzia la costruzione dei grandi e distruttivi complessi industriali, e nello stesso tempo l’ossessione estrattiva che sembrava essersi impadronita della classe dirigente di quell’epoca. Non c’era una relazione data fra la localizzazione della pandemia nekomemetica umana e quella della setticemia della biosfera. Basti pensare per esempio alla gravità di questa infezione in molti territori del Sud colonizzati dai Grandi Malati del Nord.
Faccio qui una breve digressione per chiarire l’uso dei termini Nord, Sud o Occidente nel seguito del racconto. In generale ho usato il termine Nord per indicare i paesi più ricchi e sviluppati e il Sud per le regioni più povere, spesso soggette a colonizzazioni e discriminazioni razziali. L’uso del termine Occidente aggiunge a quella di Nord una connotazione politica con riferimento al potere post/coloniale dell’Impero di Sbieco e dell’Europa. Ammetto che queste definizioni siano imprecise. Per esempio: del Nord industrializzato faceva parte l’Australia mentre il Giappone o la Corea del Sud erano parte integrate dell’Occidente geopolitico.
Torniamo ora alle caratteristiche del morbo in funzione dell’individuo: la carica virale dipendeva spesso dalle peculiarità del malato, dal potere detenuto nella società, dalle sue competenze e da molte altre variabili… Solo nella Gov Neolib il potere di superinfettività di un’infima parte della popolazione umana cominciò a diventare evidente e probabilmente influenzò i movimenti di quell’epoca. Chi faceva parte del nocciolo dirigente dell’AltaSfera Ecofin, tra cui ovviamente i techno-tycoon, possedeva un potere infettivo grazie ai mezzi di cui disponeva, anche se successivamente la perdita di controllo su territori materiali e immateriali avrebbe limitato la sfera d’azione. Chi nasceva in questi ambiti era automaticamente esposto alle forti cariche nekomemetiche che da lì si diffondevano. Era un pendant immateriale dell’eredità genetica, ma ancor più facilmente manipolabile di quanto fosse diventata quest’ultima. C’era quindi una forte probabilità di restare contagiati e propagatori per tutta la vita.
Come avevo accennato in precedenza rispetto alle caratteristiche della malattia, anche i Grandi Malati non presentavano alcun sintomo fisico come febbre, dolori, eruzioni cutanee o altro. L’unico sintomo, non solo percettibile, ma anche difficilmente mimetizzabile, era il loro comportamento nei confronti dell’ambiente circostante che includeva gli altri umani, i nonumani e componenti inorganiche. Per le ragioni che ti ho spiegato, i Grandi Malati erano agenti di contagio di maggiore rilevanza per la biosfera. Tuttavia, anche quando non poterono più nascondere la situazione, nonostante le loro dichiarazioni e i grandi summit, mostrarono solo preoccupazione verbale per gli evidenti peggioramenti della situazione. Erano convinti di poter contare su tutti i mezzi tecnologici a loro disposizione per proteggersi dalle conseguenze del problema ecologico. In ultima istanza se ne sarebbero andati, abbandonando al loro destino i terrestri rimasti, umani e non.
La tempesta dei nekomemi virali investiva però le nuove generazioni di homo (sedicente) sapiens, che subiva il contagio sin dalla più tenera età.La setticemia della biosfera ormai si manifestava in zone sempre più ampie e numerose con una miriade di fenomeni negativi di cui ti ho già accennato, fra cui l’innalzamento delle temperature e dei livelli marini ecc., e questo aveva ormai ripercussioni forti sulla produzione alimentare e, ormai quasi ovunque, persino sulla disponibilità di acqua potabile che era stata largamente privatizzata. Le moltitudini dei dominati subivano ovviamente le conseguenze più gravi. Così avveniva nelle enormi concentrazioni di povertà dei territori e delle grandi metropoli di tutto il mondo e in particolare del grande Sud postcoloniale, in cui ai contagi conosciuti si aggiungeva quello immateriale e subdolo del virus nekomemetico. Tutto questo aveva decuplicato, nel giro di qualche decennio, i flussi migratori per sfuggire all’avanzare della setticemia nelle zone più colpite.
Per tali ragioni e molte altre ancora la diffusione della contaminazione era alta e in continuo aumento. Ma anche quando cominciò il declino e poi il crollo demografico, il contagio non diminuì in percentuale. L’AltaSfera Ecofin e i Post/ati cominciarono ad abbandonare alcuni territori e zone difficilmente gestibili, che nella loro logica non erano interessanti, né economicamente, né geostrategicamente. Allo stesso tempo iniziarono a creare zone sempre più estese, protette da alte muraglie fisiche e/o tecnologiche, seguendo l’esempio dei techno-tycoon che avevano preparato il terreno negli anni precedenti, acquistando terre abitabili e coltivabili in paesi remoti, periferici e parzialmente preservati, dall’Africa alla Nuova Zelanda. Questo ci fa comprendere meglio come un tale morbo fosse ormai alle soglie di una pandemia, propagando la setticemia e rischiando di distruggere gran parte delle reti della vita terrestre. Tuttavia, la biosfera, che aveva affrontato molte sfide nel corso della sua storia, sarebbe sopravvissuta, avendo già resistito a diverse estinzioni di massa. Nei casi precedenti la causa era di natura abiotica, come eventi dinamici del pianeta o impatti di meteoriti, ma ora, per la prima volta, era la vita stessa sviluppatasi sulla Terra che stava generando una nuova estinzione. Da un lato, poteva sembrare che questa infezione causata dagli umani fosse qualcosa di transitorio, poiché l’agente patogeno stava eliminando sé stesso1. Tuttavia, dall’altro lato, ci si trovava di fronte a un fenomeno di vasta portata, generato da un fattore biotico, precisamente di origine umana. Una specie inclusa nella biosfera stava attaccando le reti vitali, rendendo il virus nekomemetico una forma di malattia autoimmune.
Nota:
C’è da dire che lo stesso avviene con i virus patogeni umani quando sono troppo rapidamente mortali. Se uccidono i malati prima che questi abbiano potuto contagiarne altri, scompaiono…

