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    a cura della redazione del comparto fascismi
  • 7 giorni fa
  • Tempo di lettura: 7 min

Democrazia d’eccezione e post-fascismo, un dialogo con Andrea Russo parte 2

Donata Vanerio
Donata Vanerio

Il testo che qui presentiamo è la seconda parte della trascrizione di una conversazione con il ricercatore indipendente Andrea Russo. Nella prima parte vengono riprese le fila delle riflessioni sui nuovi fascismi sviluppate dall’autore nella raccolta L’uniforme e l’anima, pubblicata nel 2009 insieme al collettivo “Action 30”.  In questo secondo episodio vengono indagate le operazioni di “fascistizzazione del cristianesimo” operate dalle nuove destre, attraverso il caso della teologia di Driecht Bonhoeffer, e le riflessioni sul genocidio culturale avanzate da Pasolini, a 50 anni dal suo omicidio.



Redazione Ahida: Da alcuni anni, negli Stati Uniti, è in atto una forte sussunzione della vita e dell’opera teologica di Bonhoeffer da parte della destra religiosa trumpiana. Come mai secondo te?


Andrea Russo: Sì, oggi ci tocca la sciagura degli ambienti cristiani trumpiani, che sono soliti riferirsi a Bonhoeffer come a una sorta di testimonial prestigioso dei valori tradizionali del patriottismo, del nazionalismo, del militarismo. Figura chiave di questa distorta interpretazione della vita di Bonhoeffer è il giornalista Eric Metaxas, la cui monografia a lui dedicata, pubblicata per la prima volta negli Stati Uniti nel 2010, ha venduto un milione di copie in tutto il mondo. Il giornalista, entusiasta sostenitore di Trump, durante la campagna per le elezioni presidenziali ha più volte paragonato Biden a Hitler e i democratici ai nazisti, rimandando al suo libro su Bonhoeffer per cogliere in profondità i dettagli di tale parallelismo. Infine, vorrei richiamare l’attenzione sul documento della fondazione filo-trumpiana Heritage “Progetto 2025”, nel quale viene ripresa la categoria teologica bonhoefferiana della «grazia a caro prezzo», con l’intento però di screditare tutte le organizzazioni laiche e religiose che permettono l’ingresso indiscriminato di immigrati illegali nel paese. Bonhoeffer, invece, la utilizzò alla fine degli anni ʼ30 per criticare le posizioni della Chiesa protestante, che asseriva la conciliabilità tra dottrina cristiana e nazismo.

Il modo in cui viene oggi interpretato Bonhoeffer dall’ultradestra religiosa e sovranista è certamente infondato. Proprio lui, che aveva conosciuto la discriminazione degli afroamericani durante il suo soggiorno a New York e aiutato gli ebrei a fuggire dalla Germania, non si sarebbe mai visto vicino a movimenti neofascisti xenofobi e razzisti, o schierato al fianco di Trump e Netanyahu sostenitori della “guerra preventiva”, ma al contrario, li avrebbe criticati e combattuti.


Redazione Ahida: Si potrebbe dire che l’interpretazione trumpiana di Bonhoeffer non ha fatto altro che “fascistizzare” la sua vita e la sua opera. Quasi un lavoro propagandistico, piegare una figura per renderla conforme alla propria narrazione, quasi creando una mitologia?


Andrea Russo: Direi che il caso di Bonhoeffer è un esempio molto eloquente di un più generale processo di “fascistizzazione del cristianesimo” [8]. Va detto che non si tratta di una novità. Nel Diciannovesimo e nel Ventesimo secolo è stata egemonica una teologia imperialista che ha nazionalizzato Dio, riducendolo a un idolo tribale che ha legittimato la guerra etnica. E venendo all’oggi non si può non riconoscere che il binomio religione-nazione, se pur in forme nuove, continua a produrre catastrofi. Per far luce sulle poste in gioco del fascismo del presente, questa questione non deve restare sottotraccia.


Redazione Ahida: Molto probabilmente l’attuale “fascistizzazione del cristianesimo” ha molto a che fare con il sistema della comunicazione mainstream. Non dobbiamo dimenticare, per esempio, che negli Stati Uniti l’ascesa del fondamentalismo evangelico si esprimerà soprattutto attraverso il successo delle chiese “via cavo” e dei rispettivi predicatori televisivi. Alla fine degli anni Settanta, questi ambienti, decideranno di scendere in campo anche sul piano politico, appoggiando alcuni candidati del partito repubblicano. Il circuito del fondamentalismo cristiano nominato Christian Coalition sarà determinante per l’elezione di Regan e di George W. Bush [9]. E la destra evangelica lo è stata anche per l’elezione di Trump. 


Andrea Russo: Oggi gli evangelici si considerano combattenti di una battaglia contro il male, cioè i democratici, e pensano che Trump sia il messia inviato da Dio per la salvezza dell’America. Il gesuita Antonio Spadaro, in un articolo di alcuni mesi fa, ha posto in rilievo che il discorso pubblico di Trump si fonda sulla riattivazione di tre modelli di mitologie politiche: «il mito della cospirazione, dell’età dell’oro e del salvatore. Trump mobilita questi miti proponendosi come leader provvidenziale (il salvatore), evocando il “make America great again”, cioè un passato glorioso da riconquistare (l’età dell’oro) e individuando nemici esterni e interni (la cospirazione): gli immigrati, le élite accademiche, l’Europa, le istituzioni multilaterali. Tutti presentati come parte di un grande complotto ai danni del vero popolo americano» [10] .

La figura del leader alla Trump, che tramite i miti costruisce il suo programma politico, è comunque una specificità del fascismo storico. Se il nazismo e il fascismo sono stati eventi così dirompenti è soprattutto perché la loro retorica messianica è stata massimamente potenziata dai dispositivi di comunicazione di massa degli anni ʼ40: cinema e radio. Sono stati, infatti, Hitler e Mussolini i primi ad impadronirsi di queste nuove tecnologie e a utilizzarle per fini di propaganda politica. Con la ripresa delle immagini (cinema) e la riproduzione della voce (radio), si è fatto in modo che i dittatori raggiungessero un grandissimo numero di spettatori e ascoltatori. In più, rendendo indistinguibili le figure del leader politico, del Salvatore, dell’attore, il dispositivo massmediatico ha performato la percezione del pubblico, tanto da sostituirsi alla coscienza religiosa e alla coscienza di classe. I regimi totalitari non si sono affermati soltanto con la violenza fisica, ma anche per la loro straordinaria capacità di avere una presa sull’inconscio simbolico collettivo: paure arcaiche, paranoie, desideri di riscatto, bisogni di appartenenza. La loro ideologia è riuscita ad usare la parola simbolica come dispositivo di fascinazione e di domino delle masse. Non è una forzatura affermare che Hitler e Mussolini hanno inaugurato l’epoca della politica spettacolo.


Redazione Ahida: Sembrerebbe quindi che le trasformazioni profonde avvenute a cavallo tra Ventesimo e Ventunesimo secolo ci offrono, per così dire, le chiavi per la comprensione dell’attuale riformulazione egemonica fascista?


Andrea Russo: Sì. Oggi, come ieri, il fascismo è sempre stato all’avanguardia nell’uso della propaganda, tuttavia, per essere efficace, la propaganda deve operare soprattutto sul piano del linguaggio e della percezione, in modo che vi sia un ambiente cognitivo già predisposto ad accoglierla e a trasformarla in prassi quotidiana, senso comune. Il nuovo fascismo, come il vecchio, risulta vincente in quanto è riuscito, grazie al monopolio dei dispositivi massmediatici, a creare un’organizzazione concertata del “sentire” di massa, il che significa che è riuscito a far vedere e a far parlare in una determinata forma grandi masse di popolazione. La massa diventa totalmente governabile solo quando gli individui che la compongono desiderano le stesse cose, e parlano e pensano allo stesso modo.


Redazione Ahida: Prima accennavi a Pasolini, in che modo da un contributo a questa analisi? 


Andrea Russo: Principalmente perché a metà degli anni Settanta i testi di Pasolini sul genocidio culturale delle classi popolari affrontano la questione a partire dall’affermarsi di una “nuova macchina linguistica”. Per un poeta come lui fare esperienza del genocidio significa constatare che si vive nell’afasia, nella perdita delle capacità linguistiche. Tutta l’Italia aveva proprie tradizioni, abitava in una lingua viva, in un dialetto che era rigenerato di continuo da innovazioni linguistiche; tuttavia, è accaduto che il linguaggio omologante dell’ideologia consumista ha finito per prevalere, sostituendosi a questa vitalità. Pasolini intravede nell’avvento della società dei consumi e della televisione la nuova forma totale del fascismo del presente. Adesso è il consumo a legare e integrare dentro di sé, al pari di un fascio la collettività. «Nessun centralismo fascista – egli scrive – è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della società dei consumi […]. Oggi i modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è compiuta […]. Il fascismo [storico] non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e d’informazione (specie la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata» [11]. Il nuovo fascismo del consumo ha calato una pietra tombale sulle forme di vita del popolo (contadine, sottoproletarie, operaie). Esso lo ha profondamente trasformato, l’ha toccato nell’intimo, gli ha dato altri sentimenti, altri modi di pensare e di vivere. Con la categoria di genocidio culturale, Pasolini ha proposto una visione annichilente della mutazione antropologica che il consumismo provoca nella sfera linguistica, psichica e comportamentale del proletariato. 


Redazione Ahida: Pasolini viene assassinato ad Ostia il 2 novembre del 1975. Sul finire del 1977, mentre i fuochi della rivolta si stanno spegnendo, di li a breve Berlusconi darà inizio al suo progetto di privatizzazione e commercializzazione del sistema comunicativo. Sarà quindi nelle generazioni degli anni Ottanta, Novanta e Duemila che la catastrofe linguistica e antropologica annunciata da Pasolini si avvera. Ci pare che questo sia il riflesso di profonde trasformazioni di cui ancora non è chiara la portata, ma delle quali iniziamo ad intuire il significato.


Andrea Russo: Si, perché quelle generazioni sono cresciute sotto la tutela pedagogica del dispositivo massmediatico. Il nuovo modello di vita edonistico della società dei consumi propagato dalla televisione, secondo Pasolini, è così potente perché assolve a funzioni pedagogiche ed estetiche. Tutti parlano allo stesso modo, si comportano allo stesso modo, fanno gli stessi gesti, amano le stesse cose. La “cultura berlusconiana” televisiva, negli anni Ottanta e Novanta, ha attuato le funzioni del dispositivo individuate da Pasolini. Oggi dovremmo aggiornare l’analisi tenendo conto dell’avvento di internet e, più in generale, della rivoluzione digitale.


Note

  1. “Fascistizzazione del cristianesimo” è l’espressione utilizzata dal collettivo francese Anastasis, per riflettere sul fatto che alle elezioni del giugno 2024, il 40% dei cattolici ha votato l’estrema destra. Cfr. Collectif Anastatsis, Urgence Évangélique, Éditions Parole et Silence, 2025. 

  2. Cfr. G. Caldirion, Wasp. L’America razzista dal Ku Klux Klan a Donald Trump, Fandango Libri, Roma 2016.

  3.  A. Spadaro, La retorica del potere e la nuova responsabilità della Chiesa, Avvenire, 7 luglio, 2025. Ma anche, sempre dello stesso autore, Nel teatro di Donald Trump, dove la politica è performance, Avvenire, 28 giugno 2025.

  4.  P.P. Pasolini, Acculturazione e acculturazione, in Id, Saggi sulla politica e la società, Mondadori, Milano 1999, p. 290.


Andrea Russo è un ricercatore indipendente. Ha pubblicato articoli sul pensiero politico e filosofico con varie riviste e case editrici. Nel 2009 ha collaborato al volume <<L'uniforme e l'anima indagine sul vecchio e nuovo fascismo>>, pubblicato dal collettivo Action 30. Recentemente ha curato la riedizione di alcuni saggi del filosofo Nicola Massimo de Feo e pubblicato articoli sull’interpretazione del pensiero del teologo Dietrich Bonhoeffer.

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