periferie
- Pontoriero Alessia
- 6 giu
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 8 giu
Periferia come nuova centralità

Pubblichiamo il primo contributo del comparto <<periferie>> che inquadra la cornice all’interno della quale si concentrerà l’analisi e la ricerca dei contributi che verranno pubblicati. La e le periferie sembrano assumere una nuova centralità, sono oggetto di contesa all’interno dello spazio urbano e quindi sede di conflitti. Nella fase capitalistica di nuova accumulazione e quindi di trasformazione, i governi che si succedono cercano di consolidare il ruolo dello Stato nonostante sia in profonda crisi.
Abbiamo scelto di dedicare un comparto specifico alle periferie nell'area <<forme del dominio>> perché ci sembra che assumano una nuova centralità. Analizzare questi contesti vuol dire immergersi in un flusso non ancora compiuto di spostamenti: dal centro verso la periferia a causa dell’espulsione di abitanti dal centro della città; dalla periferia verso il centro di migliaia di persone ormai da decenni in fuga da contesti ancora più marginalizzati.
Quando parliamo di periferie visualizziamo nella nostra mappa mentale dei territori specifici che non sempre corrispondono alla loro collocazione geografica, ma molto spesso si. Sgomberiamo il campo da fraintendimenti, la periferia è prima di tutto ciò che può essere area di abbandono o area sacrificabile. Abbiamo imparato che la dove c’è sviluppo ci devono essere aree depresse perché il primo non può esistere senza le seconde (Visalli, 2020). Ritornare a parlare in questi termini vuol dire riconoscere nuovamente una gerarchia e le forme del dominio in campo. C’è una guerra interna nella fase di accumulazione (originaria) capitalista (Lazzarato, 2024) in cui ci troviamo che sta riassestando i luoghi in cui abitiamo. L’esito di questa guerra consoliderà o meno queste gerarchie.
Quindi periferie anziché periferia, perché le periferie sono quelle della metropoli, quelle abbandonate delle aree interne, quelle sacrificabili dove si possono costruire opere inutili, seppellire tonnellate di rifiuti, seppellire migliaia di morti del mare, asservite alle esercitazioni e alle sperimentazioni militari, dove estrarre terre rare e fonti di energia. Ma all’interno delle periferie stesse esiste una gerarchia e in quanto tali osservabili come interconnesse. Noi ci concentreremo soprattutto sulle periferie della metropoli occidentali – concedendoci anche delle incursioni <<altrove>> - dove è in corso una trasformazione, come è troppo presto dirlo, l’intenzione è quella di anticiparla.
Questi luoghi per troppo tempo abbandonati a se stessi dove i ricchi nascondono quello che non vogliono vedere, oggi, sono al centro della cronaca dei principali notiziari locali e nazionali. Se la periferia per certi versi è un luogo statico perché la mobilità sociale per chi nasce e cresce in questi luoghi è rara, bisogna immaginarla anche come luogo di contesa e, quindi, di conflitti tra e internamente agli abitanti marginalizzati, chi sarà costretto a vivere in questi luoghi, il business del narcotraffico e lo Stato o quel che rimane di esso.
Le governance di questi territori introdotta dai vari governi del paese è andata dall’ignorare le crescenti disuguaglianze in seno alle città o a costruire programmi di integrazione e di intervento che nel tempo hanno mantenuto invariata la dipendenza strutturale di questi luoghi dalle zone della valorizzazione e dallo Stato, consolidandola. Oggi ci ritroviamo un governo di estrema destra che utilizza il tema della sicurezza e dell’individuazione del nemico interno come espediente narrativo-mediatico per applicare sulle periferie decreti speciali che contribuiscono alla stessa logica. Sono decreti calati dall’alto, emergenziali e puntivi (Wacquant, 2022). Lo scopo è consolidare il dominio dello Stato sul territorio ma è lo Stato stesso ad essere in crisi, le sue agenzie, i suoi istituti sanitari, educativi, le forme di partecipazione e di decisione, il processo elettorale. Per questo motivo non può che esprimersi nella maniera più autoritaria, punitiva e securitaria incarnata dalle derive a destra delle democrazie occidentali.
Le profonde fratture interne alla composizione sociale di classe, di genere e di razza se non ignorate ma agite possono essere terreno di ricomposizione per verticalizzare un conflitto tutto schiacciato verso il basso e in linea orizzontale all’interno delle periferie. Su questo terreno si sperimentano diverse esperienze, alcune embrionali alcune consolidate, di organizzazione dei territori. Luoghi deterritorializzati (Magnaghi, 2000) , all’interno dei quali prima di tutto ci sembrano fondamentali i tentativi di ricostruirne un’identità, di recuperare capacità politica a partire da quello che già c’è per costruire una trasformazione radicale e non subire quella che consolida le forme del dominio in campo.
Partiremo analizzando i territori coinvolti dal dl Caivano e dal dl emergenze (dl Caivano bis) attraverso contributi di chi vi abita e li attraversa.
Per approfondire
Lazzarato M., Guerra civile mondiale?, DeriveApprodi, Bologna, 2024
Magnaghi A., Il progetto locale. Verso la conoscenza di luogo, Bollati Boringhieri, Roma, 2000
Visalli A., Dipendenza. Capitalismo e transizione multipolare, Meltemi, Milano, 2020
Wacquant L., Bourdieu va in città. Una sfida per la teoria urbana, Edizioni Ets, Pisa, 2022
Alessia Pontoriero è un’attivista di Roma. Ha svolto la sua attività politica a partire dai collettivi studenteschi e da dieci anni si occupa delle attività e dei progetti collettivi nella borgata del Quarticciolo di Roma, dove vive. Studia i territori e i processi sociali urbani legati alle periferie. È dottore di ricerca in Scienze Sociali Applicate conseguito all’Università di Roma La Sapienza e ha lavorato presso il Dicea. Si occupa anche di una libreria a Centocelle. Per «ahida» cura il comparto «periferie».