scienza e politica
- Gianfranco Pancino

- 13 nov
- Tempo di lettura: 8 min
Aggiornamento: 18 nov
Politica contro Scienza

È indispensabile un’accelerazione della democratizzazione dell’informazione scientifica, per cui gli scienziati siano capaci di spiegare i contenuti e le prospettive delle loro ricerche, attraverso un’azione capillare diretta al largo pubblico. Sono necessarie campagne di controinformazione, che invadano le reti sociali e tutti i gli altri mezzi di comunicazione.
Nelle scuole si sta armando la guerra contro il sapere per modificare e falsificare i contenuti dell’insegnamento. È in questo ambito che la difesa della verità scientifica, storica e civile deve essere più strenua. Le nuove generazioni si stanno confrontando ovunque con i problemi esistenziali ed etici legati alle politiche autoritarie e inique condotte dai governi in ogni parte del globo e particolarmente negli Stati Uniti. Troveremo la capacità e i mezzi per parlar loro?
La Politica contro la Scienza? Non mi sarei mai immaginato di scrivere un articolo come questo, io che ho iniziato la maturazione politica nel 1968 denunciando l’uso della Scienza da parte del capitale. Allora si trattava di demistificare la «neutralità» della scienza, mostrando come la scienza fosse spesso usata e a volte diretta in funzione delle scelte politiche della classe dominante. Un esempio inoppugnabile dell’alleanza fra Capitale e Stato nell’uso della scienza fu il Progetto Manhattan realizzato dagli Stati Uniti fra il 1942 e il 1946 con l’appoggio della Gran Bretagna e il Canada. Il progetto riunì eminenti fisici e rappresentanti dell’industria bellica americana per produrre l’arma finale, la bomba atomica. Il potere politico ed economico hanno sempre influito sulle scelte strategiche della scienza, indirizzando la ricerca scientifica ai loro fini attraverso politiche di ricerca e finanziamenti mirati.
Negli ultimi decenni, la scienza accademica, nei paesi detti occidentali, è riuscita a ottenere una certa autonomia, purché fosse all’interno delle scelte politiche strategiche degli Stati. Con lo sviluppo accelerato delle tecnologie, la scienza applicata ha preso il sopravvento nei piani nazionali di ricerca. C’è bisogno assoluto di una collaborazione stretta fra scienza fondamentale e scienza applicata, particolarmente nei campi della ricerca energetica e biologica. Tuttavia le scelte politiche dei paesi industrializzati, convinti che la tecnologia sia il motore di progresso economico e di profitti a breve termine per le aziende, hanno sbilanciato quest’equilibrio verso la ricerca applicata. Lo hanno fatto attraverso la definizione delle priorità strategiche, l’allocazione di fondi pubblici e la creazione di partenariati fra ricerca accademica e aziende private, a profitto di quest’ultime.
Gli Stati Uniti, usciti indenni dal secondo conflitto mondiale, grazie alla loro ricchezza e al loro statuto di superpotenza, sono stati il paese che ha assicurato il più forte sviluppo della ricerca scientifica, seppure con attenzione privilegiata allo sviluppo tecnologico (Research and Developpement). Benché il fine di questi investimenti sia il profitto privato, i governi degli Stati Uniti avevano capito il valore strategico della ricerca accademica e avevano finora assicurato una larga autonomia alle sue istituzioni.
È proprio da questo paese, gli Stati Uniti, che, sotto la presidenza Trump, la politica ha scatenato un’offensiva senza precedenti contro la scienza. Nel luglio di quest’anno, il Dipartimento dell’Energia ha pubblicato un rapporto che rimette in causa gli effetti nefasti del cambiamento climatico, in aperta contraddizione con il rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (GIEC), il più autorevole organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici. Lo scopo è di invertire la politica federale attuale, basata sul riconoscimento che il riscaldamento per effetto serra rappresenta una minaccia per il benessere pubblico e così permettere il rilancio dell’industria delle energie fossili. Trump aveva già firmato il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi sul clima pochi giorni dopo il suo insediamento alla presidenza e si appresta a tagliare i fondi alla National Oceanic and Atmospheric Administration, l’Agenzia Federale che si occupa delle previsioni meteorologiche, del monitoraggio del cambiamento climatico e dello studio del mare.
Il suo Segretario alla Salute, Robert Kennedy Jr., ha annunciato il licenziamento di 10.000 persone impiegate nelle principali istituzioni di ricerca degli Stati Uniti, il National Institutes of Health, la Food and Drug Administration, e il Center for Disease Control and Prevention. A giugno Kennedy aveva licenziato tutti gli esperti della Commissione di consulenza sulle pratiche di immunizzazione. Ha in seguito cancellato il finanziamento di ventidue progetti vaccinali basati sulla tecnologia dell’acido ribonucleico messaggero (mRNA), bloccando di fatto lo sviluppo di questa tecnologia, considerata uno dei maggiori progressi nella ricerca vaccinale. La tecnologia del mRNA infatti permette una produzione rapida e adattabile all’evoluzione del patogeno, cruciale in caso di nuove pandemie. È stato valutato che i vaccini mRNA hanno salvato milioni di vite durante la pandemia di Covid. Kennedy Jr., sostenuto da Trump, vuole invece dirigere la ricerca scientifica sui presunti legami fra vaccini e autismo, non confermati dagli studi scientifici.
I tagli complessivi dei fondi per la ricerca fondamentale previsti dall’amministrazione Trump vanno dal 34% al 50%. La National Science Foundation, nota per sostenere una ricerca fondamentale relativamente indipendente, si vedrà tagliare il budget del 56%. I criteri per decidere la riduzione di finanziamenti, la soppressione di agenzie di ricerca e di programmi scientifici non hanno nulla a che vedere con la scienza. Sono basati sulla volontà presidenziale di farla finita con i programmi che da lontano o da vicino siano in rapporto con i cosidetti « DEI » (Diversità, Equità, Inclusione).
Per ritrovare nella storia esempi comparabili di un tentativo di asservimento della scienza all’ideologia, bisogna risalire all’Unione Sovietica di Stalin degli anni ’30-50 del secolo scorso. Secondo una dichiarazione del Comitato Centrale del Partito comunista nel 1950 la purezza delle dottrine marxiste-leniniste doveva essere difesa in tutti i campi della cultura e della scienza. In quell’epoca tutte le ricerche in cosmologia erano state bloccate, in quanto la teoria dell’espansione dell’Universo era considerata idealista e reazionaria. Peggio, la crociata contro la genetica mendeliana e l’evoluzionismo darwiniano (che ricorda la crociata attuale di Kennedy contro i vaccini), costò il lavoro e la libertà a migliaia di genetisti sovietici e a molti di loro la vita. Le teorie e le applicazioni del genetista ufficiale del regime, Trofim Denisovič Lysenko, causarono conseguenze disastrose per l’agricoltura sovietica, contribuendo all’insorgenza di carestie fatali per milioni di persone.
Tuttavia la guerra dichiarata dall’amministrazione Trump alla scienza ha caratteri diversi dai tentativi storici del suo utilizzo per fini politici. Non solo perché la distorsione della scienza durante il periodo stalinista obbediva a ragioni ideologiche, mentre la crociata di Kennedy contro i vaccini deriva solo dalle sue opinioni cospirazioniste. Non è solo l’asservimento della scienza che cercano Trump e il Trumpismo. È un attacco contro il sapere scientifico nel suo insieme. Il vicepresidente degli Stati Uniti, James David Vance l’ha detto chiaramente: «Le università sono il nemico» e l’amministrazione Trump ha tagliato i fondi destinati all’insegnamento e alla ricerca nelle università americane. Il nemico sono il sapere e il metodo scientifico, perché essi si basano non su illazioni ma su fatti. Il metodo scientifico è fondato sull’osservazione, sulla conduzione di esperimenti e sull’analisi dei dati ottenuti. Le ipotesi iniziali sono così sottomesse a verifica per formulare conclusioni affidabili. L’obiettivo delle campagne attuali contro il sapere è di seminare il dubbio. Mettere in discussione l’obiettività della scienza permette di proporre altre fonti di conoscenza e ciò è consono alla nuova era informatica che ha cambiato profondamente i processi d’informazione. Le nuove fonti di conoscenza, estranee non solo al mondo accademico, ma anche ai settori classici dell’informazione, giornali, riviste, libri e canali televisivi pubblici, sono costituite dalle reti sociali. Alla validazione dei risultati da parte della comunità scientifica, attraverso l’esame di esperti indipendenti (peer review), si sostituisce il parere soggettivo, la notizia, lo scoop. Esempi che sarebbero ridicoli, se non avessero causato drammatiche conseguenze, sono i suggerimenti di Trump, durante il suo primo mandato, di usare come rimedi contro il Covid iniezioni di varechina, o ancora farmaci di cui l’efficacia era dubbia o inesistente, come l’idrossiclorochina o l’antiparassitario ivermectina. Le più sfacciate controverità sono state affermate senza scrupoli, come l’asserzione del rapporto del Dipartimento dell’Energia che «il riscaldamento atmosferico porta un beneficio netto per l’agricoltura americana». Conclusioni contrarie a quelle del rapporto del GIEC, secondo cui il cambiamento climatico ha ridotto la produttività agricola negli Stati Uniti del 12,5 % rispetto al 1961. D’altra parte non è lo stesso presidente degli Stati Uniti, che, davanti all’assemblea delle Nazioni Unite, ha definito il riscaldamento climatico come «il più grande imbroglio giammai perpretato al mondo («the greatest con job ever perpetrated on the world»)? Le campagne lobbistiche sostenute dei grandi gruppi privati e il dubbio portato sull’oggettività della ricerca scientifica tendono a sostituire a una ricerca volta al servizio di tutti una pseudo-ricerca al servizio di pochi privati.
I movimenti anti-Vax durante la pandemia di Covid-19 negli Stati Uniti e in Europa hanno costituito un test a grande scala della capacità di influenzare l’opinione pubblica attraverso le reti da parte di cospirazionisti e cialtroni che si spacciavano come esperti. L’interesse politico dei movimenti anti-Vax non è passato inosservato alle formazioni di estrema destra negli Stati Uniti e in paesi d’Europa, come l’Italia, la Germania, l’Austria, l’Ungheria e anche la Francia, che si sono impossessate dei contenuti anti-scienza di queste campagne. All’attivismo anti-Vax si sono gradualmente sovrapposti gli attacchi contro altre tematiche sociali invise all’estrema destra: interruzione volontaria di gravidanza, suicidio assistito, educazione sessuale nelle scuole, per non parlare della violenta campagna anti LGBT+.
Discreditare la scienza e speculare sulle differenze di opinioni fra scientifici (differenze normali, dato che la scienza è un processo verso la conoscenza e non una fede dogmatica) per sollevare dubbi sulla loro validità permette al potere, sia esso incarnato dallo Stato o proprio dei grandi gruppi privati, di introdurre e consolidare nuove «verità», consone ai loro interessi.
La politica energetica dell’amministrazione Trump avrà gravi conseguenze per la popolazione mondiale, favorendo lo sviluppo delle energie fossili e aggravando i problemi, già critici, legati al cambiamento climatico. La campagna anti-vaccini danneggerà innanzitutto la popolazione degli Stati Uniti. La diminuzione della copertura vaccinale contro il morbillo sta già facendo sentire i suoi effetti, con un picco epidemico in Texas. Gli effetti deleteri non si limiteranno tuttavia agli Stati Uniti. Lo smantellamento del CDC e l’indebolimento della sorveglianza sull’epidemia di Influenza aviaria fra i bovini e altri mammiferi domestici ostacolerà la prevenzione di una possibile pandemia e metterà a rischio l’intera popolazione mondiale (vedi https://www.ahidaonline.com/post/critica-della-politica-della-scienza). La soppressione dell’USAID (Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale), creata nel 1961 da John Kennedy, ha causato la chiusura di migliaia di programmi umanitari nel mondo. Tra le conseguenze più gravi, la prevenzione e la cura dell’AIDS e i programmi di aiuto contro la fame e la violenza nei paesi poveri sono stati brutalmente interrotti e migliaia di persone stanno già morendo. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite, più di sei milioni di persone sono a rischio di morte nei prossimi quattro anni.
Contro questa marea dilagante di disinformazione e di mistificazione non è sufficiente curvare la schiena e resistere. Sono necessarie campagne di controinformazione, che invadano le reti sociali e tutti i gli altri mezzi di comunicazione, è indispensabile un’accelerazione della democratizzazione dell’informazione scientifica, per cui gli scienziati siano capaci di spiegare i contenuti e le prospettive delle loro ricerche, attraverso un’azione capillare diretta al largo pubblico. Nelle scuole si sta armando la guerra contro il sapere per modificare e falsificare i contenuti dell’insegnamento. È in questo ambito che la difesa della verità scientifica, storica e civile deve essere più strenua. Le nuove generazioni si stanno confrontando ovunque con i problemi esistenziali ed etici legati alle politiche autoritarie e inique condotte dai governi in ogni parte del globo e particolarmente negli Stati Uniti. Troveremo la capacità e i mezzi per parlar loro?
*Ringrazio Giuseppe Bertoni per la rilettura e i suggerimenti
Gianfranco Pancino negli anni Settanta ha militato, a Padova, in Potere operaio, successivamente, a Milano, è stato tra i fondatori e dirigenti dell’Autonomia operaia.
Imputato nel processo 7 aprile, nel 1979 è stato costretto alla latitanza, alla fuga e quindi all’esilio, prima Messico, poi Parigi dove, dopo varie peripezie è riuscito a imboccare l’appassionante strada della ricerca scientifica, acquisendo fama internazionale per i suoi studi sul cancro e sull’HIV, fino a ricoprire la carica di direttore di ricerca all’INSERM e a far parte dell’équipe di Francoise Barré-Sinoussi, premio Nobel per la Medicina, all’Istituto Pasteur di Parigi.
«Ho avuto la fortuna di attraversare tre vite diverse, ognuna vissuta intensamente: la vita politica, la più entusiasmante; la vita del fuggitivo, sdoppiata e avventurosa; e la vita rifondata dello scienziato. In tutte mi sono posto delle sfide: cambiare me stesso e la società, nella prima; vivere e non accontentarmi di sopravvivere, nella seconda; conquistare un posto che mi era teoricamente inaccessibile, nella terza. E in premio ho ricevuto la spinta della curiosità, l’ardore della ricerca, la sensazione di non essere inutile». Ha recentemente pubblicato con Mimesis un prezioso libro autobiografico del quale si raccomanda la lettura: «Ricordi a piede libero. L’autonomia operaia, l’esilio, gli studi sull’HIV»

